6.5
- Band: DRAWN INTO DESCENT
- Durata: 00:45:14
- Disponibile dal: 15/03/2019
- Etichetta:
- Avantgarde Music
- Distributore: Audioglobe
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I riff di chitarra circolari, le atmosfere elegiache e le urla strazianti che con “Dystopia” aprono l’album sono sintomatiche di quanto si continuerà a sentire proseguendo nell’ascolto di “The Endless Endeavour”, il nuovo lavoro dei Drawn Into Descent, qui a circa quattro anni di distanza dall’omonimo debut album. Il quartetto belga è una realtà inseribile in quel filone “post” black metal / “blackgaze” ormai sempre più riconoscibile e affrancato: il gruppo propone sonorità tanto severe quanto meste, partendo da basi black metal per abbracciare il lato oscuro del dream pop e del post rock, rispolverando talvolta sentori dark-wave e affidandosi a strutture pompose che nascondono sotto la coltre metallica un cuore pulsante di brio e armonia.
I paesaggi sonori dei Drawn Into Descent sono desolati ma allo stesso tempo struggenti; ora ipnotici, ora ritmici, se non addirittura orecchiabili. I ragazzi tuttavia evitano cambi di registro troppo marcati e concessioni alla melodia più svenevole, tenendosi dunque a debita distanza da formule variopinte che potrebbero avvicinarli al colosso Deafheaven. La band preferisce imboccare un sentiero oscuro, sulle orme di Amesoeurs o primi Lantlos, apparendo amareggiata e distante anche quando intenta a snocciolare soluzioni chitarristiche dalla grana fine su ritmiche blande o rockeggianti. Il sound dei Drawn Into Descent si mantiene insomma algido ed urbano, suggerendo riflessioni da nevrosi metropolitana e glaciali paesaggi mentali. Ma se durante l’ascolto la passione e la competenza traspaiono evidenti, dal canto suo l’ispirazione, per alcuni tratti del lavoro, sembra un poco arrancare, consegnandoci una scaletta che qua e là si incaglia in fondali sonori un filo ripetitivi. In pratica, si fatica a riconoscere i vari brani anche dopo attenti ascolti, cosa che alla lunga palesa la mancanza di sostanziali cambi di passo creativi all’interno dell’opera. In pertugi come il finale di “Wither”, l’intermezzo “Death…” o la seconda parte della title track, il disco fa tuttavia scorgere apprezzabili spiragli di talento e ci fa ben sperare per il proseguimento della carriera dei Drawn Into Descent. Il prossimo album potrebbe rappresentare la definitiva quadratura del cerchio.