8.0
- Band: DREAM THEATER
- Durata: 01:08:06
- Disponibile dal: 24/09/2013
- Etichetta:
- Roadrunner Records
- Distributore: Warner Bros
Spotify:
Apple Music:
A volte le risposte più semplici sono proprio quelle che non cerchiamo. Alla domanda sul perché “Dream Theater” ci sembri un bell’album, ci aspetteremmo infatti di raccogliere un sacco di risposte, di cui molte contraddittorie tra loro: perché Mangini è meglio di Portnoy, perché sono ‘tornati al passato’, perché non hanno fatto ‘la solita solfa’, perché “Dream Theater” è un disco più tecnico. O perché ha meno masturbazioni strumentali noiose. Insomma, un vero caos d’ipotesi. Eppure, la nostra risposta alla domanda posta in apertura è arrivata dalla più semplice delle giustificazioni: “Dream Theater” è un bell’album perché contiene della bella musica. Un ragionamento semplice, quasi lapalissiano; ma ci siamo accorti che, almeno per quanto riguarda chi scrive, questo semplice concetto ci stava un po’ sfuggendo. Nel cercare il particolare, non ci si soffermava sul quadro generale, anche se è proprio nella sua globalità che “Dream Theater” si rivela vincente. Si tratta di un album piacevole, composto da un numero accettabile di canzoni non troppo lunghe, ma contenente una bella suite, strutturato quanto basta per poter affermare ‘siamo i Dream Theater’, ma scevro di parti eccessivamente involute tali da sembrare attaccate con lo scotch. In pratica qui vengono evitati gli eccessi: l’alone retrò prog rock anni ’70 di “Octavarium”, il suono aggressivo di “Systematic Chaos”, la complessità sterile di alcuni passaggi di “Stream Of Consciousness”…. ecco, qui sono tutti evitati. Certo, questi sono elementi che avevano contribuito a caratterizzare quegli album e a renderli pienamente riconoscibili, ma sono anche, per loro natura, appigli naturali per critiche ed elogi da parte degli ascoltatori. L’aura di eccessività a nostro avviso qui manca, sostituita da un tranquillo senso di equilibrio: ed è questo compassato sentimento che ci favorisce la digestione dell’album, portandoci a produrre un giudizio tendenzialmente positivo fin dai primi ascolti. Volendo generalizzare, potremmo definire “Dream Theater” come un album più ‘facile’, ma non nel senso di scialbo o svenduto a sonorità essenziali; più correttamente parliamo di un album dalla maggiore accessibilità, in grado di riassumere diversi elementi del consolidato sound Dream Theater in una proposta più organica, ripresentata senza troppi orpelli ma con i necessari gusto e classe a ricordarci che, comunque, è dei Dream Theater che si parla. In questa nuova veste meno pretenziosa, ma maggiormente messa a fuoco, i singoli membri possono compiere il proprio lavoro al meglio, mettendo tutti loro stessi nello sforzo compositivo ed esecutivo senza poi strafare ed essere tirati da forze esterne in direzioni poco congeniali. Indicativa, da questo punto di vista, è la prestazione di Labrie, meno impegnato su registri per lui ora proibitivi ed assestato invece su momenti più melodici e lineari, ove lavora bene con modulazione ed interpretazione. Meno ingombrante risulta anche Rudess, il quale ,grazie ad un lavoro di accompagnamento più organico e ad una scelta di meno eclettica dei suoni, riesce nell’intento di arricchire i pezzi senza seppellirli con scelte sonore discutibili. Un Petrucci ispirato anche in fase solistica ed il ‘nuovo’ Mangini oramai pienamente a proprio agio dietro le pelli chiudono la nostra rassegna sui musicisti, andando a completare insieme al solito Myung l’immagine di una formazione che ha trovato un equilibrio ed ha potuto comporre un album godibile nel suo complesso e non solo in alcune parti. Rimandiamo i lettori alla dettagliata analisi traccia-per-traccia di due settimane fa per una descrizione di ogni singola canzone: in questa sede vogliamo però rimarcare come, nel complesso, “Dream Theater” si riveli un disco convincente, capace di rappresentare bene la musica della band, senza per forza voler superare in nessuna direzione i limiti imposti dagli album della loro ormai lunga storia. Buona musica, appunto, suonata da una grande band.