7.0
- Band: DREAM THEATER
- Durata: 02:10:16
- Disponibile dal: 29/01/2016
- Etichetta:
- Roadrunner Records
- Distributore: Warner Bros
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E così i Dream Theater hanno deciso di pulirci il tavolo da gioco in faccia. Via tutte le carte, via il banco, fuori un nuovo mazzo. E, con un ghigno sornione, eccoli metterci davanti solo tre carte, tenendone due ancora coperte. C’è una coppia d’assi, e un’altra carta. Ma cosa si nasconderà dietro quelle coperte? Ne verrà fuori una doppia coppia, un tris o forse addirittura un poker d’assi? In verità, al momento, non ve lo sappiamo dire perché, appunto, tutto quello che vediamo sono le carte scoperte. Ovvero, in altre parole, quanto i cinque del Berklee College ci hanno fatto vedere finora: il doppio album intitolato “The Astonishing”, tredicesima fatica in carriera. E, lo diciamo da subito, l’impressione è che anche se ascoltato tutto più volte, il semplice doppio CD audio rappresenti un aspetto ancora incompleto di quello che ha in mente questo quintetto di diabolici musicisti. Sì, perché il solo prodotto discografico, queste trentaquattro variegate tracce che si uniscono sotto quello ‘sbalorditivo’ titolo, da solo non è in grado di spiegarsi o giustificarsi del tutto. Cominciamo dall’analisi delle cose ovvie: trentaquattro tracce. Un numero inusitato, che abbiamo trovato solo su opere dall’ampio respiro come l’ultimo lavoro di Lucassen negli Ayreon, e che i Dream Theater sembrano aver faticato a far quadrare. Il risultato è infatti in qualche modo sbilenco, con una prima immensa parte da venti tracce per quasi ottanta minuti e invece un secondo più snello atto da quattordici movimenti, lungo circa cinquanta minuti. A questo già palese ‘sbilanciamento’, i Nostri rispondono con un ulteriore squilibrio di tipo stilistico: ci rendiamo infatti conto dopo pochi ascolti di come la prima parte del primo atto contenga una buona fetta delle canzoni più melodiche e tranquille, di quei passaggi cioè dove a dominare sono il frequentissimo pianoforte di Rudess e la tonalità più calda ed emozionale di LaBrie. Il comparto ‘metal’, quello costituito cioè dalle canzoni guidate dalla chitarra di Petrucci e dall’istrionismo tecnico strumentale che da sempre li caratterizza, risulta essere invece il secondo atto, quella più corto. Un’altra divisione netta, che ci rende ulteriormente difficile inquadrare l’opera nel suo complesso. Già, perché, a conti fatti, il punto focale intorno al quale ruotiamo con questa recensione è proprio questo: “The Astonishing” è un album assurdamente difficile da inquadrare. E’ un album costituito da tante piccole canzoni molto carine o anche dichiaratamente belle, spesso però circondate da semplici passaggi pianistici o da tracce esclusivamente dedicate a rumori computerizzati (le cosiddette tracce NOMACS). E’ un album in cui ogni singolo passaggio risulta mediamente più fruibile rispetto a tutto il resto della discografia di Petrucci & Co, ma che una volta messi tutti insieme rendono il tutto sicuramente poco fruibile, se non a tratti addirittura noioso. E’ un album che porta in una certa direzione con un paio di momenti melodici piuttosto simili fra loro, ma magari al passaggio successivo catapulta in strane atmosfere da musical, oppure in un classico passaggio strumentale di chiara marca Dream Theater. Insomma, non c’è logica, non c’è costrutto… tutto l’album sembra essere costruito seguendo regole che non guardano assolutamente alle normali ‘norme’ costruttive di un disco metal: come correttamente detto da alcuni, la forma musical è decisamente più vicina. Ed ecco che questo punto ci porta alla nostra metafora iniziale, quella del tavolo da gioco, e a quelle due benedette carte mancanti: per dare un giudizio completo su “The Astonishing” – che, stando a quanto abbiamo valutato sin’ora, è un album ben fatto ma nulla di più – occorre considerare per forza altri elementi. Ci chiediamo ad esempio come questo immenso racconto in musica verrà rappresentato, tra poco più di un mese e mezzo, nella lussuosa cornice del Teatro Arcimboldi: siamo infatti convinti che l’aspetto visuale, affiancato al comparto narrativo, possa donare quel filo logico che con il mero ascolto delle trentaquattro tracce abbiamo faticato a trovare. Un altro aspetto che adesso è troppo presto per valutare è quello legato al fattore tempo: se abbiamo già delle canzoni preferite in questa tracklist che ascoltiamo volentieri saltando da una traccia all’altra col tasto skip, non escludiamo che col tempo, sentendo l’album di seguito diverse volte, cominceremo a trovare quella fluidità che per ora ci è sembrata estremamente carente. Per questo, ad oggi, ci limitiamo a ‘bollare’ “The Astonishing” con quel forse un po’ anonimo 7 che vedete in calce a questo scritto, perché ancora non abbiamo visto tutto quello che i Dream Theater devono aver progettato lavorando a questa immensa opera. Per ora, il nostro giudizio è che “The Astonishing” ci sembra un buon lavoro dal potenziale enorme, però ancora inespresso.