5.0
- Band: DREGEN
- Durata: 00:34:35
- Disponibile dal: 05/11/2013
- Etichetta:
- Caroline Records
- Distributore: Universal
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Andreas Tyrone Svensson, meglio conosciuto come Dregen, giunge al suo esordio da solista dopo aver assaporato un relativo successo commerciale con i Backyard Babies all’inizio del terzo millennio. Questa promessa del rock made in Sweden è svanita in un mesto silenzio qualche anno fa, ormai, nonostante abbia da sempre avuto le carte in regola per compiere il necessario salto di qualità, per motivi ignoti mai avvenuto. Conclusa questa importante esperienza, il chitarrista è stato condotto alla corte di Sua Maestà Michael Monroe ed al contempo ha posto le basi per avviare una promettente carriera solista. In questo primo capitolo Dregen ha reclutato il noto polistrumentista Nicke Andersson con il quale ha fondato i The Hellacopters a metà degli anni Novanta, prima di dedicarsi anima e corpo ai Backyard Babies. Fanno parte della squadra anche il batterista Karl Rockfist (Michael Monroe, Danzig) i bassisti Sami Yaffa (ex Hanoi Rocks, Michael Monroe) e John Calabrese (Danko Jones), nonché lo stesso Danko Jones in persona. Con uno staff di questo calibro ci saremmo aspettati un lavoro di ben altro spessore, invece “Dregen” nel suo complesso ha il sapore di un tributo passivo nei confronti dei gruppi che hanno maggiormente influenzato i suoi gusti, lasciando l’auspicata personalità relegata in un angolino. Il disco vivacchia tra sparuti spunti sparsi senza soluzione di continuità nel cadenzato heavy metal di “Bad Situation” e nella ‘stonesiana’ “One Man Army”. Il resto della tracklist scivola via senza regalare particolari sussulti tra insipidi rock’n’roll come “Gig Pig”, “Pink Hearse”, “Divison Of Me” (quest’ultima sembra una b-side dei The Hellacopters di fine carriera) ed un paio di tributi alla black music come “Flat Tyre On A Muddy Road” e “6-10”. La prima è una dichiarazione d’amore nei confronti del delta blues del Mississippi colorata da intarsi vocali gospel, la seconda invece è sorretta da un groove funk accattivante, purtroppo mortificato da una performance canora priva di mordente da parte di un Dregen mai propriamente a suo agio al microfono. Non ci siamo.