7.5
- Band: DROUGHT
- Durata: 00:46:53
- Disponibile dal: 15/05/2020
- Etichetta:
- Avantgarde Music
- Distributore: Audioglobe
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Abbiamo parlato dei Drought nel 2016, quando si presentavano al mondo con un EP esaltante che fondeva il black metal all’interno di un immaginario molto meno scontato rispetto alla media del genere. I temi affrontati erano e sono lo yoga, il tantra, un certo tipo di filosofia orientale e la meditazione, e all’epoca rimanemmo non poco soddisfatti della proposta. Questo nuovo “Trimurti”, per fortuna, non è assolutamente da meno: il primo full-length del misterioso combo italiano concentra in sé stesso quarantacinque minuti di black impietoso e profondo, che non permette una facile etichettatura e che sembra partorire continuamente nuove idee in termini di riffing e soluzioni strumentali ad ogni minuto che gira sul lettore.
La parte concettuale approfondisce quanto già esposto in “Rudra Bhakti” e si dirama in nove canzoni divise in tre segmenti tematici, ognuno dei quali dedicata alle tre fasi dell’agitazione spirituale come alle tre fasi del Pranayama e infine, soprattutto, alle tre fasi dell’evoluzione: consapevolezza, trasformazione, elevazione. Questo “Trimurti” è un album del quale non avrebbe senso sviscerare i singoli episodi, un pellegrinaggio attraverso diversi livelli di un’avventura mistica tramite dottrine tantriche e, quello che conta in maniera più effettiva, una scarica di metal nero come la pece e molto evocativo, tanto da scoraggiare l’ascolto distratto o a pezzi. Preso nella sua interezza, infatti, l’album dà il meglio di sé nella creazione di liquidi passaggi che portano alla costruzione di un inferno in terra, momenti di pura contemplazione e un’inventiva notevole per quanto riguarda la composizione. Le parti di chitarra sono il fiore all’occhiello di quest’opera, che esplode nelle nostre casse con una foga quasi disturbante ai primi ascolti (merito di una produzione asfissiante) e che darà il meglio di sé unicamente quando addomesticata con la giusta dose di pazienza e concentrazione.
Altro colpaccio di Avantagarde (che già licenziava l’EP) ed ennesimo caso in cui il black metal si dimostra uno dei generi più adatti alla sperimentazione e all’adattarsi a forme diverse e inaspettate.