8.0
- Band: DROWNED
- Durata: 00:37:25
- Disponibile dal: 14/07/2014
- Etichetta:
- Sepulchral Voice
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Periodo di vacche grasse per gli amanti delle sonorità death metal più apocalittiche e sepolcrali, che dopo le ottime prove offerte da Incantation, Dead Congregation e Corpsessed si ritrovano a fronteggiare questo primo full-length dei tedeschi Drowned. Attivo da decenni, il trio di Berlino aveva fino a questo momento preferito agire sotto i radar, riversando la propria creatività in una fitta schiera di demo circolati esclusivamente negli ambienti underground più di culto; oggi però la situazione sembra essere cambiata e grazie all’interessamento dell’affidabilissima Sepulchral Voice (Degial, Grave Miasma, Necros Christos) ecco giungere sul mercato questo “Idola Specus”, disco che – senza troppi indugi – includiamo nell’elenco delle uscite più sentite e ricche di fascino degli ultimi mesi. Ancora una volta siamo dalle parti di quel death metal infernale e ritualistico, spesso solcato da impetuose correnti doom, che ha fatto la fortuna di pietre miliari del passato come “Last One On Earth” e “Mortal Throne Of Nazarene”, anche se le differenze con i molti epigoni che da qualche anno si cimentano in tali sonorità risultano da subito evidenti e lampanti. La tracklist è aperta da “Die Niederen Weihen”, sorta di intro semi-strumentale che con il suo andamento strisciante e sulfureo, scandito dalle percussioni frastagliate della batteria e dal riffing catacombale del leader Tlmnn (per anni in forze ai sopracitati Necros Christos), si abbatte come un moloch sui padiglioni auricolari dell’ascoltatore, mettendo in luce una rara e spaventosa sensibilità atmosferica. La sensazione di smarrimento è a tutti gli effetti tangibile, come se la band avesse spalancato senza preavviso i cancelli di una dimensione non soggetta alle regole dello spaziotempo, in cui sprofondare mente e corpo. E siamo soltanto all’inizio: le tracce successive non dipanano minimamente la coltre di tenebre evocata con apparente semplicità dall’opener, anzi, avviluppandosi su strutture sempre più occulte e titaniche. Eccezionale, a questo proposito, il lavoro di chitarra, il cui operato riporta alla mente diverse esperienze sensoriali (death, black, doom e persino prog) senza ricordarne con precisione nessuna, come dimostrato dagli intrecci posti in apertura di “Black Projection” o nell’allucinante finale di “Vacuous Sanctum”, brani-manifesto dell’opera al cui interno trovano asilo i migliori trademark del terzetto. Difficile, se non addirittura impossibile, descrivere a parole il contenuto di un disco come questo, che per sua stessa natura invita all’introspezione e al raccoglimento dell’anima, anzichè all’headbanging; il nostro consiglio è semplicemente quello premere il tasto “play”, chiudere gli occhi e lasciarsi andare all’incubo che seguirà di lì a poco. Vi garantiamo che l’esperienza sarà di quelle che non dimenticherete facilmente.