5.5
- Band: DROWNING POOL
- Durata: 00:48:54
- Disponibile dal: 31/10/2008
- Etichetta:
- Eleven Seven Music
- Distributore: Self
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Let the bodies hit the floor, let the bodies hit the floor, let the bodies hit the floooooor! Ve la ricordate? Inziava così “Bodies”, singolo di lancio di quel “Sinner” che, nel lontano 2001, sembrava destinato a proiettare il nome dei Drowning Pool ai vertici dell’allora sempre più popolare scena nu-metal. E invece, proprio durante la trionfale partecipazione della band texana all’Ozzfest, la tragedia: il singer Dave Williams viene trovato morto nel tour bus, costringendo la band ad abbandonare la tournee e di fatto ad interrompere sul nascere la loro scalata al successo. A distanza di tre anni la storia si ripete, anche se stavolta in maniera meno drammatica: nemmeno il tempo di dare alle stampe il buon “Desensitized” che i nostri perdono per strada anche il nuovo cantante Jason “Gong” Jones, ben presto rimpiazzato dall’ex-Soil Ryan McCombs. Ed è con questa formazione che, lasciata la Wind-Up per la Eleven Records, la band da alla luce nel 2007 “Full Circle”, terzo album che purtroppo però non sembra reggere il confronto con i predecessori. Abbandonate quasi del tutto le influenze nu-metal degli esordi in favore di un hard-rock/post-grunge a metà tra i Nickelback e i Sevendust, i nostri confezionano un lotto di canzoni convincenti solo a metà. Se infatti la prima metà della tracklist si lascia ascoltare con piacere – soprattutto grazie ad episodi come la title-track, “Enemy”, “Reason I’m Alive” (scritta in collaborazione con Nikky Sixx) o “Soldiers” (degna erede di “Bodies” e “Step Up”), potenziali hit-single per un theme WWE o per una Radio Baghdad gestita dai marines – nella seconda metà è invece il torpore a prendere il sopravvento, almeno fino a quando la sempre gradevole cover di “Rebel Yell” posta in chiusura non ci riporta bruscamente alla realtà. Ed è una realtà che non sembra arridere particolarmente al combo texano, soprattutto in un contesto quale quello europeo meno incline a certa facile retorica radiofonica di cui questo album pare intriso. Spiace infierire su una band vessata dalla sfortuna, ma saremmo ipocriti ad affermare il contrario: il cerchio della fiducia si è chiuso, ed i Drowning Pool del 2008 – come pure altri loro illustri colleghi quali Adema e Sevendust – ne sono inesorabilmente fuori.