
8.5
- Band: DROWNING POOL
- Durata: 00:38:34
- Disponibile dal: 21/06/2001
- Etichetta:
- Wind-Up Records
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Estate 2001. Il nu-metal è all’apice della sua parabola, con l’11 settembre ancora di là a venire, quando una formazione texana si affaccia sulla scena allora dominata dai vari Korn, Deftones e Limp Bizkit: guidati dal corpulento Dave Williams, i Drowning Pool si presentano al mondo con un sussurro – Let the bodies hit the floor, let the bodies hit the floor… -, prima di esplodere in uno dei ritornelli-simbolo di un intero genere, alla stregua delle varie “Last Resort”, “One Step Closer” e “Chop Suey”. A completare un tris di singoli da tramandare agli annali della WWE, troviamo anche la title-track posta in apertura, accompagnata da un video in stile “Seven”, e “Tear Away”, altro pezzo immortale grazie al suo incedere lento a metà tra i Mudvayne e gli Alice In Chains. Se il meglio è concentrato all’inizio, il resto della tracklist è un ottimo sunto di tutto quello che andava di moda in quelli anni, con in più la vena malinconica del grunge ed un tocco di energia hard-rock (soprattutto nell’utilizzo degli assoli, elemento abbastanza inedito nel genere). Dal giro di basso a là Sevendust di “All Over Me” alle chitarre liquide di “Reminded”, dalle contaminazioni post-grunge di “Pity” (ben prima dell’avvento dei Seether) ai saliscendi emozionali di “Mute”, dai salti virtuali di “I Am” al finale panteriano di “Follow”, dal classico chorus di “Told You So” (‘Shut Up, Shut Up, Shut Up‘) alla lisergica conclusione di “Sermon”, non c’è una sola nota (ribassata) fuori posto nell’esordio del quartetto di Dallas, il cui unico limite (una a volte eccessiva omogeneità stilistica) viene compensato dalla durata relativamente breve. Grazie anche alla produzione boombastica di Jay Baumgardner (già in cabina di regia con Papa Roach, Coal Chamber, Godsmack, P.O.D., Spineshank e Orgy), “Sinner” rimane ancora oggi uno dei dischi-manifesto dell’intera scena nu-metallica, portando in dote ad ogni ascolto nuove sfumature nel riffing inconfondibile di C.J. Pierce (con il suo uso smodato del wah-wah) e nella poliedricità vocale del compianto Dave Williams, tragicamente scomparso per una malattia cardiaca durante l’Ozzfest del 2002. Nonostante innumerevoli difficoltà, interne ed esterne, la formazione texana proseguirà negli anni successivi con alterne fortune, ma l’esordio multi-platino resta il loro apice compositivo, oltre che un grosso rimpianto per quello che avrebbe potuto seguire. Per nu-stalgici vecchi e nuovi, un disco da cui attingere a mani basse per la playlist del decennio ’95-’05.