7.0
- Band: DRUID LORD
- Durata: 00:41:23
- Disponibile dal: 21/01/2022
- Etichetta:
- Hells Headbangers
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La falce affilata della morte è in perenne movimento e continua a mietere i suoi putridi frutti che maturano nel campo fangoso del death. La lunga lama si muove lentamente, come fosse un pesante pendolo che scandisce il tempo degli ultimi attimi di vita. L’impulso di questo meccanismo infernale arriva dalla Florida, più precisamente da Orlando, e ha un nome ben preciso: Druid Lord. Il quartetto statunitense, con alle spalle dodici anni di carriera, pubblica il suo terzo full-length intitolato “Relics of the Dead”. Il disco è impregnato all’inverosimile di ritmi cadenzati, pesanti e melmosi che costituiscono l’ossatura di un death annegato in una palude di doom oscuro. Otto pesanti macigni si trascinano in un territorio malsano ed inospitale, lasciandosi alle spalle solchi profondi nei quali scorrono sinistre sonorità old-school. I Nostri, infatti, non badano affatto a sperimentazioni azzardate ma si limitano a proporre un death sporco e crudo sovrastato da atmosfere funerarie. Il risultato è una miscela incandescente che ripercorre le catacombe ancestrali scavate da maestri quali Hooded Menace, riesumando cadaveri affamati. Sulla superficie inospitale di “Relics of the Dead” sembra adagiarsi un velo trasparente di terrore palpabile, una sensazione che avvolge l’intero album come fosse uno spirito inquieto che aleggia attorno al luogo della sua violenta morte. Nonostante la componente doom, non si può certo dire che nel nuovo lavoro dei Druid Lord non vi siano modulazioni ritmiche. Ogni brano è in grado di cambiare forma e dimensione grazie ad una struttura compositiva variopinta, arricchita da accelerazioni progressive sulle quali si intersecano assoli di chitarra come accade in “Thirteen Days of Death” e “Mangled as the Hideous Feed”. Il growl di Tony Blakk rimbomba prepotente fra le rovine di questo villaggio trasformandolo in un cimitero spettrale. Dopo un breve intro acustico, sembra iniziare la seconda parte del disco, sicuramente più cupa e meno violenta. L’oscurità avvolge come una ragnatela le rimanenti quattro canzoni, prede di un mostro mastodontico desideroso di soffocarle. La breve ed intensa sfuriata all’interno di “Immolated Into Ashes” è l’ultimo colpo di coda dei Nostri che, nel finale dell’album, decidono di rallentare i ritmi fino a dipingere una processione di denso dolore intitolata “Monarch Macabre”.
“Relics of the Dead” non è di certo un capolavoro e non porta alcuna ventata di novità all’assortito mondo death. Nonostante tutto, per gli amanti di odori insalubri e maligni, questa folata di marciume potrà sicuramente risvegliare i sensi più intorpiditi regalando loro quaranta minuti di piacevole nefandezza.