8.0
- Band: DVNE
- Durata: 01:07:14
- Disponibile dal: 19/03/2021
- Etichetta:
- Metal Blade Records
- Distributore: Audioglobe
Spotify:
Apple Music:
Di difficile, ardua catalogazione, il secondo e nuovo disco dei semisconosciuti scozzesi Dvne entra di prepotenza nelle cose migliori fin qui ascoltate in questo 2021 metallico. Qualche release minore e l’esordio su Wasted State Records, “Asheran” del 2017, hanno anticipato l’approdo della band guidata dai chitarristi-cantanti Victor Vicart e Dan Barter alla corte della potente Metal Blade, pronta a lanciare a gonfie vele questo particolare quintetto britannico. Un lavoro quale il qui presente “Etemen Ænka” non passa certo inosservato e, pur con la sua difficoltà d’assimilazione iniziale e la sua durata piuttosto probante, ci introduce in un mondo concettuale e stilistico tutto da scoprire.
Edimburgo è la città da cui mai immaginereste che i Dvne provengano, in quanto il sound dei Nostri non riflette per nulla l’immaginario visivo e culturale della capitale scozzese: piuttosto, con una cover così sgargiante e titoli di canzoni amletici e molto peculiari, è chiaro come occorra ricercare un po’ in rete le referenze vicine a tale lavoro. La civiltà babilonese, riferimenti biblici, tradizioni indiane e altre indicazioni mistico-filosofiche fanno di “Etemen Ænka” un album profondo, multi-strato e decisamente cerebrale, che tende ad andare oltre la musica proiettando chi ascolta in un maelstrom sonoro e visionario assolutamente da non sminuire nel computo finale del giudizio su di esso.
Bene, fin qui ci siamo. Ma, musicalmente, cosa succede all’interno di quest’opera? Si parte dal progressive metal sui generis e lo si abbina facilmente ad ampi sapori stoner, a qualche deriva sludge, ad apparizioni djent, per ridefinirne meglio i connotati in un termine unico che a noi viene da identificare con progressive post-metal: i Mastodon sono il riferimento più evidente dei Dvne, ma ci sentiamo anche formazioni più disparate e lontane, quali ad esempio i The Ocean, i Melechesh, i Tesseract, i Kylesa, anche i nostrani Sunpocrisy. L’inserimento in formazione di un tastierista/effettista, Richard Matheson, ha allargato moltissimo il range compositivo dei Dvne, che, se su “Asheran” trovavano la loro massima espressione in un rifframa eccezionale e vorticoso, in questo disco numero due possono affiancargli una cura dei dettagli maniacale e una vasta gamma di soluzioni ‘ambientali’ e d’atmosfera, come ben stanno a testimoniare le tre quasi-strumentali poste a rendere varia la tracklist, “Weighing Of The Heart”, “Adraeden” e “Asphodel”. Il meglio, però, Vicart e soci lo danno sulle composizioni vere e proprie, ben fluide, complesse e lunghe sì, ma mai noiose e fini a se stesse, sempre incanalate verso un obiettivo a largo spettro, a visione d’insieme, che denota classe, maturità e una gran abilità compositiva. Le voci, rispetto ad “Asheran”, sono cresciute moltissimo e non hanno praticamente limiti espressivi, usate nel timbro e nel tono corretto a seconda di ciò che necessita tal brano in tal momento – “Court Of The Matriarch” e “Omega Severer” sono ottimi esempi di quanto appena enunciato.
In determinate sezioni di “Etemen Ænka” le progressioni aritmetiche di note di chitarra e tastiere ci avvolgono le meningi in un drappo ipnotico di effettivo valore, per poi rilasciarle attraverso parti vocali ariose ed epiche, oppure rallentano per fare spazio a pacati movimenti d’appoggio e/o di transizione. Il groove ondeggiante e spesso arabeggiante impera per tutto il disco, disco che non si lancia quasi mai in velocità esasperate o parossistiche, ma che preferisce invece giocherellare con una preparazione tecnica elevata e un originale approccio emozionale alla scrittura. Brani quali la conclusiva “Satuya”, “Sì-XIV” e la superlativa “Mleccha” toccano davvero alte vette di coinvolgimento, annullando completamente la diffidenza che si prova non appena giunti al cospetto di un gruppo poco noto che ci spara nelle orecchie più di un’ora di musica orgiastica e roboante.
Un grosso applauso, dunque, ai Dvne e il consiglio di dare una bella ascoltata ad “Etemen Ænka” è ovviamente doveroso!