7.0
- Band: DYING AWKWARD ANGEL
- Durata: 00:44:37
- Disponibile dal: 25/05/2018
- Etichetta:
- Rockshots
- Distributore: Audioglobe
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Nati nel 1998, scioltisi dieci anni dopo con alle spalle solo una manciata di release minori; riformatisi nel 2010 per pubblicare l’autoprodotto “Waiting For Punishment” nel 2013 e l’EP “Madness Rising” nel 2016: finalmente, oggi, i torinesi Dying Awkward Angel arrivano a dare un senso maggiormente compiuto alla loro ventennale esistenza, diciamo pure nel quasi totale anonimato, esordendo su Rockshots Records con questo “Absence Of Light”, lavoro tutto sommato onesto e piacevole che interesserà sicuramente i completisti della scena thrash-death metal melodico. La band capitanata dal fondatore e chitarrista Edoardo Demuro non inventa assolutamente niente e riesce solo in parte ad essere personale e riconoscibile, ma quello che più piace del platter in questione è la rapida accessibilità e la facile fruizione, soprattutto se si conoscono a menadito le discografie di At The Gates, In Flames di metà carriera, Dark Tranquillity e compagnia bella. La tracklist scorre via, infatti, che è un piacere, tra ritmiche tempestose, hook melodici, assoli a profusione e rallentamenti poderosi, per un songwriting che cerca di spaziare il più possibile attraverso lo scibile estremo, senza però lasciare mai le coordinate care al melo-death con spruzzate di irruenza thrash: ci sono attimi di modernità più marcata, quasi metal-core, ad esempio riscontrabile in un breakdown presente nel brano “Dolls”; c’è l’ottimo gusto decadente del breve intermezzo strumentale che dà il nome al disco; c’è poi un episodio più ragionato e lento quale “Sancta Sanctorum”, che rivela qualche influenza più classic-oriented in seno alla band; c’è l’uso di una voce femminile nella conclusiva “Killing Floor”, all’interno di un lavoro che non prevede alcuna voce pulita, bensì solo growl più o meno profondo e qualche recitato; l’uso dell’elettronica è molto limitato, solo quando serve viene messo al servizio del pezzo di turno. Insomma, i Dying Awkward Angel danno l’impressione di cercare, all’interno di uno stile ben definito, un cospicuo numero di variazioni sul tema per rendere memorizzabili, se non proprio il loro sound, almeno le loro canzoni, formalmente inattaccabili. Se in un’annata dove il death melodico ci ha già regalato due lavori superlativi (Night In Gales, At The Gates) cercate altro pane per i vostri denti, questi ragazzi italiani potrebbero fare al caso vostro. Se invece il genere non vi dice più nulla da anni, abbassate di mezzo punto il voto e passate oltre. Bravi, Dying Awkward Angel, tre quarti d’ora trascorsi in scioltezza e a corna alzate.