7.0
- Band: EARD
- Durata: 00:33:01
- Disponibile dal: 17/09/2021
- Etichetta:
- Avantgarde Music
- Distributore: Audioglobe
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Progetto italiano piuttosto particolare, gli Eard sono un duo costituito dal polistrumentista Mirko Albanese (chitarrista nei Duir e nei Silence Thereafter) e dalla suonatrice d’arpa Glorya Lyr, che era già apparsa in veste di guest nell’album “Forgotten Paths” dei Saor. “De Rereum Natura” è il loro album d’esordio, all’interno del quale si sviluppa un black metal atmosferico e melodico, dove però a sparigliare le carte è proprio la presenza di Glorya Lyr, che con il suo strumento (suonato in modo divino, e prestato alla musica estrema con grande naturalezza) crea una patina atmosferica decisamente particolare per tutta la durata del lavoro. Questo espediente suggestivo è l’elemento di maggior rilievo non solo nei brani strumentali in cui l’arpa è protagonista (l’eterea “Eostre” e la fiabesca “The Lost Glen”), ma anche in quelli in cui le canoniche melodie del genere proposto vengono affidate più all’arpa che alle chitarre – esempio interessantissimo quello che accade nella strumentale “Lessinia”, dove l’intreccio tra mood celtico/epico/medievaleggiante generato dall’arpa si intreccia con sfuriate elettriche in un’alternanza piacevolmente straniante.
Gli Eard non propongono comunque un album totalmente strumentale, anzi per gli amanti del genere ci sono almeno tre momenti davvero succosi, con ospiti di un certo rilievo (quelli che probabilmente rendono il progetto in questioni realmente meritevole di essere ascoltato). L’opening track “Nocturnal Landscapes” vede dietro al microfono la partecipazione di Saverio Giove degli Emyn Muil (notevolissimo progetto nostrano nel solco dei Summoning): si tratta di un brano ottimo per presentare l’idea musicale degli Eard e il loro peculiare black metal in cui l’arpa emerge dal magma chitarristico per diventare padrona del sound. Sulla stessa linea anche la titletrack, dove il cantato è affidato a Emilio Crespo dei Sojourner, per una canzone dove non c’è nulla di realmente originale da un punto di vista compositivo, ma che colpisce e rapisce ugualmente grazie al lavoro di Glorya Lyr. Il pezzo migliore del lotto arriva però in chiusura, con la lunga “Eardstapa”, dove gli Eard si scrollano di dosso la patina un po’ derivativa (non troppo fastidiosa) che ha ammantato fino a questo punto il disco: il sound ‘alla Saor’ viene almeno parzialmente dismesso, in favore di qualcosa di più ricercato e complesso – tra Panopticon e Agalloch, con un tocco di Wolves In The Throne Room e Primordial. Il cantante in questo caso è Déhà, poliedrico musicista belga, che qui dimostra delle sorprendenti capacità canore. Ma in tutto ciò c’è un aspetto spiazzante: questo è il brano in cui l’arpa è meno presente (durante la prima parte addirittura è del tutto assente, e a farla da padrone è il lavoro, in questo caso ispiratissimo, di Albanese).
Alla fine dell’ascolto resta dunque un senso di piacevolezza, ma anche la sensazione di aver assistito a qualcosa di migliorabile e potenziabile. L’album è breve, ma il duo ha giocato bene le sue carte, mescolando pezzi puramente acustici e atmosferici con brani dove questa idea di un black metal ‘arpistico’ prova a prendere una forma delineata. “De Rerum Natura” si profila così come un primo esperimento, senz’altro riuscito, ma che con il prossimo passo dovrà dotarsi forse di più coraggio – e probabilmente anche di una produzione leggermente migliore, qualcosa che esalti al massimo la convivenza sonora di Lyr e Albanese: la strada è quella giusta, e questo album è un ottimo modo per prendere la parola nell’arcipelago frastagliatissimo del black metal contemporaneo.