8.0
- Band: EARTHTONE9
- Durata: 00:39:58
- Disponibile dal: 21/06/2024
- Etichetta:
- Candlelight
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Tempo di ritorni, ed ecco qua gli inglesi Earthtone9 con il loro quinto album di inediti, a undici anni dal precedente “IV” e a più di venticinque anni dal debutto “Lo-Def(inition) Discord”.
Una storia travagliata quella del gruppo di Nottingham, passato dai video in rotazione su MTV ai lunghi iati artistici, come l’esigua produzione discografica spalmata su tre decadi può far intuire. Gli Earthtone9 hanno dovuto a un certo punto cercare una dimensione che permettesse al gruppo di sopravvivere, e questa è stata trovata in tempi artistici più dilatati e l’affetto di uno zoccolo duro di sostenitori, che però non rendono del tutto giustizia alle potenzialità del gruppo, forse mai interamente espresse.
Fallito il tentativo, dopo il terzo, iconico lavoro “Arc’tan’gent”, di accasarsi con una major e assaltare il mercato nordamericano, si sciolgono ufficialmente nel 2002, annunciando il tour di addio e l’uscita dell’EP “Omega”; ma l’attaccamento e la devozione dei fan li riporta in vita nel 2010 e poi nuovamente in questo 2024; ma non chiamatela reunion, semplicemente queste sono le tempistiche normali degli Earthtone9 da quindici anni a questa parte.
Davvero emozionante sentire nuovamente Karl Middleton districarsi tra cantato pulito e urla hardcore, sempre con la consueta grinta e efficacia; una voce squillante, caratteristica che non ha uguali nel metal; esattamente come la stessa musica del gruppo inglese, sempre a cavallo tra alternative metal, post-harcore e post metal, con accenti progressive, noise e nu; croce e delizia del loro percorso artistico, acclamato da certa critica ma decisamente meno dal pubblico.
Figli di Neurosis e Helmet, e con un crescente interesse verso le intricate e lisergiche trame dei Tool, hanno da sempre privilegiato un approccio comunque molto personale alla musica pesante, rimanendo incatalogabili, pur costruendo un suono coerente e distintivo. Non etichettabili ma riconoscibilissimi, questa la forza ancora oggi degli Earthtone9, il gruppo che vent’anni fa veniva ricordato più che altro per l’imprevedibilità della proposta musicale e per i titoli delle canzoni infarciti da termini strani tra parentesi.
Volendo trovare dei riferimenti nel panorama odierno internazionale tocca scomodare i coevi Mastodon, certo molto diversi perché a loro volta estremamente personali, ma che condividono con gli Earthtone9 le origini sludge e post-hardcore, oltre ad un certo modo di costruire le canzoni, caratterizzate dall’alternarsi di voci pulite e estreme, da trame potenti e raffinate, dal riffing contaminato dalle più disparate influenze, ma di chiara derivazione post hardcore; più orientato sull’alternative metal quello degli inglesi, più sul classico hard rock quello degli statunitensi.
Su questo nuovo “In Resonance Nexus” ritroviamo il tiro coinvolgente di molte loro composizioni: l’album in sé non si discosta poi molto dal precedente “IV”,
ma sembra esserci più convinzione nel voler riproporre i momenti più psichedelici e sperimentali di “Arc’tan’gent”, del quale ritroviamo la medesima struttura, con i pezzi meno diretti e veloci piazzati nelle stesse posizioni in scaletta: la terza a sprazzi orientaleggiante “Under The Snake” e la quinta, meravigliosa, “Black Sun Roulette”, entrambe fondate sull’alternanza acustico ed elettrico, e le ultime due, la cosmica e sognante “Thrid Mutuality”, e “Strenght Is My Weakness”, la più sludge del lotto, dove pesantezza e melodia si coniugano alla perfezione.
Più una semplice citazione dell’antico capolavoro, una strizzatina d’occhio ai sostenitori più appassionati, che una vera è propria riproposizione di quei classici; perché i nuovi pezzi sono comunque molto diversi, ma è assolutamente comprensibile e condivisibile la voglia degli Earthtone9 di guardare avanti e andare dritti al sodo, senza perdersi in percorsi progressivi già sperimentati e difficilmente ripetibili a quei livelli qualitativi.
Gli Earthtone9 di oggi sono più concreti, più compatti sulla lunghezza del disco e più metal, verrebbe da dire, e prediligono gli episodi stringati, deflagranti e apocalittici anch’essi tipici della loro produzione passata, almeno per quanto concerne gli ultimi due album; mentre è più difficile il confronto con i primi due dischi “Lo-Def(inition) Discord” e “Off Kilter Enhancement”, dal suono decisamente più ruvido e underground.
Tra i pezzi più spaccaossa emergono l’opener “The Polyphony Of Animals”, la quarta “Ocean Drift”, primo singolo e video promozionale; e la settima “Etiquette Of Distortion”, dove gli Earthtone9 sconfinano nel death metal e Karl Middleton ha modo di cimentarsi anche nel growl. Fondamentale in questi frangenti l’apporto di Jason Bowld dei Bullet For My Valentine alla batteria, più quadrato e veloce, anche se meno carismatico dello storico Simon Hutchby.
Candlelight Records e Lewis Jones dietro la consolle assicurano la professionalità necessaria e un suono curato e contemporaneo, benché il lavoro di Andy Sneap su “Arc’tan’gent” rimanga a tutt’oggi irraggiungibile. Ma non c’è nostalgia qui, gli Earthtone9 suonano ancora attuali nonostante il tempo che passa, rifiutano l’autocitazionismo spinto e ripropongono, con l’esperienza di oggi e ancora grande impeto, i pezzi forti del loro repertorio, cercando di soddisfare gli appetiti della vecchia guardia e sbalordire le nuove leve, che possono trovare, in questi veterani di Nottingham, pane per i loro giovani denti.
Un album capace di essere allo stesso tempo devastante e orecchiabile; merce rara che solo dei musicisti unici come gli Earthtone9 possono confezionare.