7.0
- Band: ECTOPLASMA
- Durata: 00:34:51
- Disponibile dal: 24/01/2022
- Etichetta:
- Memento Mori
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Con un monicker come Ectoplasma, un artwork che sembra uscito da una fanzine degli anni Ottanta e titoli del calibro di “Infestation of Atrocious Hunger” e “Gruesome Sacred Orgasms”, intuire dove andremo a parare nel corso delle prossime righe è tutt’altro che impresa ardua. L’estetica, d’altronde, è inconfondibile, e se questa non dovesse bastare ci pensa il marchio Memento Mori a fugare ogni dubbio e a collocare la quarta fatica sulla lunga distanza del gruppo greco nel putrido alveo del death metal vecchio stampo, andando così a rinfoltire i ranghi di quella che ormai è una sottocorrente inesauribile in termini di nuovi gruppi e uscite.
I Nostri non sono appunto degli esordienti, e sebbene finora abbiano mantenuto un profilo bassissimo – rimanendo di fatto sconosciuti ai più – questo “Inferna Kabbalah” potrebbe rappresentare un buono strumento per la circolazione del loro nome nell’underground, configurandosi indubbiamente come un’opera derivativa e non essenziale, ma anche di gran lunga superiore a quella paccottiglia Entombed o Incantation wannabe che da circa un decennio ci piove sulla scrivania ogni mese. Lo sguardo del duo dell’Attica è rivolto agli albori del genere – e su questo non ci piove – ma non ad un filone o ad una band specifici; al contrario, la sua è un’operazione di recupero che se ne frega di appartenere a questa o a quella corrente, di omaggiare il Vecchio piuttosto che il Nuovo Continente, e il risultato finale è un amalgama che spazia in lungo e in largo il periodo ’89-’92 con gusto e conoscenza, suonando al contempo primitivo e dinamico. Autopsy, Benediction, Massacre, qualcosa dei primi Asphyx e Grave… Una fiera della sostanza e della ruvidezza che passa da un riffing piuttosto ‘ingegnoso’ per gli standard ai quali dischi simili ci hanno abituato e da una sezione ritmica che affronta la tracklist a colpi di assalti caracollanti e parentesi più rocciose, in grado di declinare la melodia in modo affatto disprezzabile, con un growling marcio e catarroso a fare da collante nel mezzo.
Ora, intendiamoci: la vera classe applicata al verbo old-school risiede altrove, ciononostante, grazie soprattutto a brani efficaci e pimpanti come “God is Dead, Satan Lives (Rosemary’s Baby)”, “Appalling Abomination”, “My Medieval Urges Materialized” e la succitata “Infestation…”, “Inferna Kabbalah” finisce per guadagnare molti più giri nel lettore di quanto sarebbe stato lecito aspettarsi all’inizio, permettendo anche di godere di una produzione piena e squisitamente organica. Se vi ritrovate nell’immaginario descritto, fatto di cimiteri, tombe profanate e zombi, almeno un ascolto a questa mezz’oretta di musica è consigliato.