7.0
- Band: EINHERJER
- Durata: 00:42:25
- Disponibile dal: 26/02/2021
- Etichetta:
- Napalm Records
- Distributore: Audioglobe
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Avevamo lasciato gli Einherjer alle trame di “Norrøne Spor”, un album con due anime, ben evidenziate anche dal fatto che alcune canzoni fossero in norvegese e altre in inglese. L’ottavo album di questi alfieri di un viking metal divenuto ormai un po’ tamarro, sembra aver voluto riprendere le fila dei brani in lingua madre – quanto meno nello stile, visto che i brani qui sono in tutti inglese – e riproporre quel tipo di attitudine in questa ultima fatica, “North Star”, la stella del nord che i Nostri si prefiggono di seguire nella loro missione musicale, alla ricerca di un concetto più grande, in un mondo in costante movimento e che a sua volta cerca una sua stabilità (o almeno così ci dicono nella fascetta promozionale). Quello che sembra a noi ascoltatori, è che gli Einherjer abbiamo voluto acuire ancor più la propria componente più spaccona per confezionare un album i cui lasciti più estremi vagheggiano come lontano orpello, nelle linee vocali, in certe piccole accelerazioni e qualche lontana atmosfera. Che il viking metal non sia mai stata una connotazione prettamente musicale, ma di tematiche, lo sappiamo tutti, e gli Einherjer lo esemplificano chiaramente in un disco che suona fondamentalmente come un classico heavy metal, pesante e catchy, aggressivo e ignorante, stranamente funzionante allorché un po’ cafone. Già, perché sebbene la sensazione sia di un lavoro volutamente radiofonico (ci sono dei momenti alla “Black Album” nemmeno troppo velati), l’arroganza con cui i norvegesi affrontano la materia è ben riposta nella costruzione di brani che, sì, non aggiungono nulla alla scuola del metallo, ma funzionano, complice anche una produzione grezza e grassa, voluminosa; brani che si fanno riascoltare anche nelle sortite più sfacciate (la chiusura ad opera di “Chasing The Serpent” potrebbe tranquillamente venire fuori in un mix da pub) e, in generale, con riferimenti che portano più ai Manowar, ai Judas Priest o ai Maiden (“Echoes In Blood” e le sue diramazioni chitarristiche sono solo uno dei tanti esempi) che agli episodi anche solo più seriosi ai quali eravamo abituati.
L’inizio, ad opera di “The Blood And The Iron”, con con un ritornello che dal vivo farà cantare anche i sassi, setta già decisamente l’aria che tira (basti ascoltare la parte centrale del brano!), ma è con i successivi che si costruisce l’ossatura di un disco che, pur con i suoi difetti formali, rinvenibili principalmente in una sorta di ‘leggerezza’ di fondo, continua a farsi ascoltare da giorni senza annoiare. E questo non è certo una cosa facile o che avviene col caso. Assoli al vetriolo, ritornelli memorizzabili, riff ispirati, un generale senso della melodia che marchia ogni canzone di una sua sensatezza, compongono un lavoro divertente e che vede una band che si prende con orgoglio la responsabilità delle proprie scelte, sintetizzate nel lascito di “West Coast Groove”, forse il brano simbolo di “North Star”.
Da tenere distantissimo se cercate della musica anche solo lontanamente intellettuale o se per voi gli Einherjer erano quelli di “Dragons Of The North” o “Blot” – di quei periodi è rimasto gran poco; se avete bocca buona, invece, buon divertimento.