7.5
- Band: EITRIN
- Durata: 00:37:13
- Disponibile dal: 01/12/2023
- Etichetta:
- Debemur Morti
Spotify:
Apple Music:
Progetto nato esplicitamente su richiesta della Debemur Morti per festeggiare i vent’anni dell’etichetta, gli Eitrin vedono militare nelle proprie file un trio niente male, composto da Vindsval (Blut Aus Nord), Marion dei Mütterlein e Dehn Sora dei Throan.
Un album nato su commissione dell’etichetta e composto da una specie di super-gruppo ha davvero molte possibilità di essere un flop, ma sia la label che i tre francesi (più W.d.F. – sempre Blut Aus Nord, elemento aggiunto dietro le pelli) hanno evidentemente l’occhio lungo, e il risultato è che non solo questo “Eitrin” non è un disco di scarso valore ma, anzi, si dimostra anche piuttosto interessante.
Il black metal molto poco tradizionale del trio fa emergere sicuramente le influenze delle band madri, in particolare quelle dei Blut Aus Nord, visto che Vindsval cura chitarre e basso e dunque tende a ‘indirizzare’ determinate coordinate, ma la resa generale è piuttosto a sé.
Post black, industrial, post punk: sono questi gli elementi che finiscono per districarsi all’interno di un album molto oscuro e malsano, dove, oltre a dei riff gustosissimi, spicca la voce di Marion, acida protagonista di brani velenosi (letteralmente, visti i titoli) che si stagliano come veri e propri capitoli di un romanzo, ben separati l’uno dall’altro, ieratici, distinti, ma chiaramente uniti di un nero filo tematico.
E così spaziamo da delle arie dark ambient maestose a breakdown muscolosi ed esaltanti (“Cyanide – A Cracked Dam”) o rallentamenti pesanti ma vivi, languidi e frementi, come in “Muscarine – What Is Sacred”, pezzo che tiene l’ascoltatore col filo sospeso di un incedere che sembra sempre sul punto di scoppiare (e lo fa anche se non sembra: non deflagra, ma l’intensità cresce inesorabilmente).
Il lavoro più interessante è quello delle chitarre, a nostro avviso, capaci di generare con una semplice plettrata delle arie voluttuose e sinistre, ma il talento dei tre esce fuori nel suo complesso, cosa che stupisce vista la natura della band.
Non si sa esattamente se questo sarà un gruppo destinato a continuare, se esiste solo in virtù del progetto e se quindi ha senso pensare a potenziali evoluzioni, pertanto ci godiamo questi quasi quaranta minuti senza fare troppe elucubrazioni, viaggiando in una nera pece acida e mortale.
Ascolto consigliato soprattutto ai più progressisti, ma difficilmente si potrà restare delusi da un lavoro del genere, il quale magari non entrerà negli annali, né forse verrà ricordato fra qualche tempo, ma sa come farsi voler bene nell’effimera durata della propria esistenza.