6.0
- Band: ELEGY OF MADNESS
- Durata: 00:51:26
- Disponibile dal: 15/05/2009
- Etichetta:
- Sweet Poison
- Distributore: Self
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I tarantini Elegy Of Madness sono attivi dal 2006, e già avevano tenuto occupato il sottoscritto in occasione del demo di debutto intitolato “Another Path”, un lavoro solo sufficiente per una band già stretta al muro dalla sua stessa voglia di figurare al fianco di act portabandiera dell’immobilismo sonoro come Epica, Nightwish, After Forever e Within Temptation. Oggi la band arriva al tanto agognato debutto discografico con il nuovo “The Bridge Of Sighs”, confezionando otto pezzi (più intro) di classico gothic metal sinfonico, costruito a tavolino attorno alla voce della brava (ma maledettamente soporifera sulla lunga distanza) Anja. La forza della band sta nell’aver ben imparato le lezioni impartite dalle succitate band, tanto da rendere il prodotto perfettamente appetibile a chi non può vivere senza metal sinfonico, voci soprano e corpetti vittoriani. Un insieme di elementi che rappresentano punti di forza e di debolezza allo stesso tempo, risultando arduo distinguere i pezzi l’uno dall’altro (così come le band dedite a questo genere tra di loro), e rendendo l’ascolto non pienamente soddisfacente. “Elegy Of Madness” fila via senza lasciare praticamente nulla, se non il senso di fastidio generato dai goffi inserti growl; le successive “Voices” e “Threshold” si lasciano piacevolmente ascoltare, specialmente grazie ad una insolita varietà ritmica di chitarre e batteria e a ritornelli finalmente poco naif. Poi il tedio si impadronisce di noi, e della oppiacea “No Names”, rovinata da una infelice costruzione melodica della linea vocale. Idem dicasi per “Another Path” e “Whispers”, mentre un plauso va ad “Agony Part 1”, ben bilanciata nelle sue molteplici nature, e alla conclusiva “Agony Part 2”, graziata da un assolo di gusto del bravo chitarrista Tony. E come sempre ci ritroviamo al solito dilemma: premiare i punti alti del lavoro, come incoraggiamento, o evidenziare i tanti difetti di un lavoro di questa natura? D’ora in poi chi scrive darà molto più peso a questa seconda opzione, trovandoci ormai sommersi da lavori fatti con la carta-carbone. Con la promessa di riservare lo stesso trattamento agli act più blasonati, a quelle band che fatturano più con le foto che con la musica.