7.5
- Band: ELEVATORS TO THE GRATEFUL SKY
- Durata: 40:20
- Disponibile dal: 19/04/2019
- Etichetta:
- Sound Effect Records
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Terzo album per la formazione palermitana capitanata da Sandro Di Girolamo e Giuseppe Ferrara, ancora una volta alle prese con una rimodifica del sound heavy psych che già aveva caratterizzato “Cape Yawn” e “Cloud Eye”. Rieccoci dunque ad assaporare nuovamente alcune tonalità stoner e grunge, in quel calderone che gli Elevators To The Grateful Sky hanno imparato a rimescolare bene. Se infatti “Addaura” o la tiratissima “Drowned Daggers” (uno dei momenti più interessanti del disco) presenta una deriva molto orientata ai vari Master Of Reality o i tanto cari Fu Manchu o compagnia stoneriana, è con “Beggars Can Be Choosers” o la impeccabile “Flowerain” che le espressioni si miscelano ancora di più, sempre ricordandosi dei Soundgarden e degli Alice In Chains, mentori indiscussi di queste tonalità.
Certo è che le influenze sono sempre un carattere fondamentale per album di questo tipo, ma è anche vero che i palermitani riescono ancora a dimostrare una certa personalità e una certa capacità di spiccare nell’immenso panorama di genere, soprattutto nella seconda metà del disco, in crescita assoluta. Il nuovo signing con la greca Sound-Effect Records sembra aver riportato la band a quei caratteri psichedelici più fumosi e desertici, ma assai strutturati, a discapito di un impatto forse più Sub-Pop che si pensava avesse potuto – chissà – animare il futuro di questo interessante combo italiano. Poco male se la sostanza resta comunque di questo calibro, capace di non risultare scontata eppure offrire un effetto efficace e intagliato nelle coordinate della nuova psichedelia pesante. La titletrack (dove Mastodon e Alice In Chains si mischiano alla perfezione) è infatti un piacevole esempio, breve ed intenso, di un’intenzione forte da parte della band di entrare in territori noti ma con la personalità di chi sa quel che sta dicendo. “Night’s Out” e “The Trembling Watermelon” sono sicuramente elementi interessanti per amplificare quelle tonalità desertiche settantiane di cui fa sempre piacere sentire l’incursione, quando dimostrano una sana, sincera e nuda passione. La terra sicula fa ancora da madre al quartetto e partorisce ancora una volta un ottimo lavoro che conferma gli Elevators To The Grateful Sky come una delle realtà più collaudate di questo paese.