
7.5
- Band: ELEVENTH RAY
- Durata: 00:34:55
- Disponibile dal: 16/05/2025
- Etichetta:
- Dark Descent
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Il debutto dei greci Eleventh Ray, “Reviving Tehom”, si presenta come un tributo schietto e appassionato a una stagione talvolta dimenticata del metal estremo, quella in cui l’urgenza primitiva contava più della perfezione formale. Il disco si colloca infatti in quella zona liminale dove il culto per le radici più arcigne si intreccia con un’attitudine devota e senza compromessi, dando vita a un suono che è insieme datato e vitale, antico e irriducibilmente metal.
Fin dalle prime battute, è evidente l’influenza profonda dell’universo Celtic Frost, anche se in questo caso non si tratta di un esercizio di stile troppo lineare. Gli Eleventh Ray, infatti, assimilano e rielaborano il verbo frostiano attraverso un filtro proto-black/death, conferendo al tutto una spinta più feroce e robusta. Le ritmiche sono tese e nervose, i riff abrasivi ma ben definiti, e il tono generale del disco è quello di una battaglia combattuta tra le nebbie del tempo.
A emergere è anche il DNA ellenico del gruppo, che affiora in certi momenti più solenni e ieratici: un’eco lontana dei Rotting Christ di “Non Serviam”, o dei primi Necromantia, si insinua qua e là tra le pieghe più cadenzate del disco, aggiungendo profondità a un lavoro che, pur prediligendo un’impostazione frontale e rocciosa, non rinuncia a inserti più evocativi. È proprio in questo equilibrio tra forza bruta e sottile teatralità che “Reviving Tehom” trova la sua cifra, avvicinandosi in questo anche a certe formule dei primissimi Samael.
Il suono, volutamente ruvido, contribuisce a creare un clima viscerale e marziale: non c’è spazio per grandi sovraincisioni o chissà che arrangiamenti elaborati; la produzione, pur essenziale, riesce a restituire ogni strato con chiarezza, mantenendo però quell’elemento crudo e maschio che è parte integrante dell’estetica scelta. In tal senso, l’album suona ‘molto metal’ nel senso più classico e oltranzista del termine – una qualità che lo accomuna a realtà come i veterani Pentacle, formazione anch’essa devotamente ancorata a una visione arcana, concreta e intransigente del genere.
Se il songwriting degli Eleventh Ray non raggiunge ancora i vertici di incisività e varietà dei nomi citati, è altrettanto vero che la band mostra un’identità già piuttosto definita. Le tracce si susseguono con un buon bilanciamento tra accelerazioni ferine, midtempo e aperture più ritualistiche che non scadono mai nel pacchiano gratuito. La sincera furia esecutiva, unita a un’interpretazione appassionata, trasmette quella sensazione di urgenza e fede assoluta nella causa che tanto spesso distingue i progetti underground più genuini da quelli costruiti a tavolino.
“Reviving Tehom” è, in definitiva, un debutto promettente e coerente, che pur con qualche margine di crescita mette subito in chiaro le intenzioni della band: riportare alla luce una visione del metal radicale e indomita, che guarda al passato per forgiare un presente altrettanto fiero. Gli Eleventh Ray si presentano come fieri custodi della fiamma. Il futuro li aspetta.