7.0
- Band: ELUVEITIE
- Durata: 01:00:19
- Disponibile dal: 05/04/2019
- Etichetta:
- Nuclear Blast
- Distributore: Warner Bros
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Gli Eluveitie tornano alle tipiche sonorità folk metal dopo l’interessante “Evocation II – Pantheon”, secondo capitolo interamente acustico della loro discografia. La band capitanata da Chrigel Glanzmann si collega alla propria produzione elettrica – diciamo così – più recente, proponendo un sound che è diviso tra le atmosfere antiche delle partiture folk e una concezione estremamente moderna della componente metal, che in alcuni frangenti si fa davvero tirata (“Ancus”, “Threefold Deaths”, “Rebirth”). La musica degli Eluveitie vive di contrasti, e le parti più dure e veloci sono sempre controbilanciate da importanti iniezioni di melodia, che a volte, come nella già citata “Rebirth” prendono anche strade vicine al metal classico, ma più spesso uniscono alla sensibilità folk una forte dose di gusto pop, in particolare per quanto riguarda le parti di cantato femminile. “Ambiramus” ne è l’emblema più evidente: il brano, singolo apripista dell’album, è un perfetto esempio di gothic folk metal melodico e ‘catchy’, costruito sulla voce di Fabienne Erni. I tempi di “Spirit” e “Slania” sono decisamente lontani, anche se bisogna dare atto al combo svizzero di una certa coerenza nella loro linea evolutiva, oltre che di una buona dose di coraggio (due dischi acustici rappresentano sicuramente una sfida, e loro l’hanno sicuramente vinta).
Restano dei buoni brani, alcuni migliori di altri, vedi “A Cry In The Wilderness” e “The Raven Hill”, che deve la sua linea melodica ad un motivo tradizionale irlandese (contenuto in versione ‘classica’ nello splendido album di debutto dei Cruachan, con il nome di “Brian Boru”). Certo, ci sono delle soluzioni che non possiamo definire altro che tamarre, in linea appunto con la scelta di abbracciare un death metal molto moderno e contaminato con il nu/groove metal (“Mine Is The Fury” su tutte) che onestamente fanno arricciare il naso e alzare le sopracciglia, ma gli Eluveitie sembrano ormai essere (anche) questo e pare che ai loro fan questo vada benissimo, per lo meno a quelli che li seguono negli ultimi anni.
Va detto anche che i transalpini sanno molto bene quello che stanno facendo, e lo dimostrano in ogni secondo di questo lavoro, che – una volta entrati nel mood – ha ben poche cadute (“The Slumber” è eccessivamente zuccherosa, quantomeno a fronte di una “Ambiramus” che è molto simile ma funziona decisamente meglio). “Ategnatos” è un lavoro vario, nel quale le diverse anime della band convivono bene tra loro, e pur non essendo precisamente consigliato ai puristi del folk metal – pubblico al quale chiaramente i Nostri non sentono di volersi rivolgere – resta un buon lavoro: melodico, commerciale, ma non privo di ispirazione.