6.5
- Band: ELUVEITIE
- Durata: 00:57:19
- Disponibile dal: 01/08/2014
- Etichetta:
- Nuclear Blast
- Distributore: Warner Bros
Spotify:
Apple Music:
Gli Eluveitie sono oggi tra le formazioni folk metal che stanno riscuotendo maggior successo, merito innanzitutto dei primi due ottimi album “Spirit” e “Slania” che hanno permesso al combo elvetico di uscire allo scoperto e far parlare di se. La carta vincente del gruppo è sempre stata una formula basata su un incrocio tra un death melodico di derivazione vecchi In Flames o Dark Tranquillity e parti folk con strumenti antichi ben integrate nel sound e nelle composizioni. Questo ha consentito al frontman Chrigel Glanzmann e alla sua squadra di raccogliere attorno a se una folta schiera di fan in attesa di ogni nuova pubblicazione, compreso dunque il qui presente “Origins”, che arriva a due anni dal precedente e più che discreto “Helvetios”. Il nuovo lavoro non sembra godere però di una vena creativa altrettanto efficace e suona alle nostre orecchie più come un album di continuità. Nulla di sostanzialmente diverso infatti da rilevare a livello di sound, nonostante l’ingresso del chitarrista Rafael Salzmann al posto di Siméon Koch e della violinista Nicole Ansperger in sostituzione di Meri Tadic. Il disco nella struttura non differisce molto dal suo predecessore e presenta sempre intro e outro narrate e un’alternanza tra folk-death metal song, come le prime due “The Nameless” e la buonissima “From Darkness”, brani più strettamente folkeggianti come “Celtos” e pezzi più lenti, ariosi e decisamente catchy sullo stile di “A Rose for Epona”, in cui invece il cantato è affidato alla ghirondista Anna Murphy. Fanno parte di quest ultimo gruppo di brani “The Call of The Mountains”, un po’ troppo simile a “Shot In The Dark” dei Within Temptation, e la discreta “Vianna”. Troviamo anche episodi in cui la band si addeentra in territori decisamente più tirati e aggressivi, come nel caso della irruenta “Inception” o di “The Silver Sister”, dove è l’anima melodic death e thrash della band a farla da padrone ma con risultati non sempre all’altezza. La seconda parte della tracklist in particolare è infatti punteggiata di brani che, non avendo particolari spunti, melodie efficaci o ritornelli di presa, scorrono senza lasciare un evidente segno e altro non fanno che riportare alla mente spezzoni di tracce pubblicate dal gruppo in passato. A conti fatti, i brani degni di nota appaiono un po’ troppo diluiti in mezzo ad altri che non reggono il confronto con quanto pubblicato non solo sui sopra citati primi due lavori ma che faticano anche a eguagliare quanto di buono sentito su “Helvetios”. Produzione ottima e artwork curatissimo non aiutano più di tanto ad alzare il nostro giudizio su un disco che potrà essere apprezzato principalmente da chi è particolarmente affezionato a queste sonorità.