7.0
- Band: EMBRACE OF THORNS
- Durata: 00:38:49
- Disponibile dal: 13/04/2015
- Etichetta:
- Nuclear War Now
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Per quante difficoltà possa attraversare il paese dal punto di vista economico/sociale, quello che non manca mai in Grecia è il metal estremo di qualità. Sia esso death o black metal, in particolare dalla martoriata capitale, Atene, giungono con disarmante puntualità scrigni contenenti malsani gioielli sonici, serpeggianti entità che dietro una forma diabolica nascondono retaggi culturali nobili e impareggiabile fierezza. L’extreme metal ellenico si nutre di una cultura gravida di tematiche occulte e ambigue, dalle cui pieghe più sordide molti musicisti sanno trarre quell’ispirazione necessaria a confezionare lavori sconcertanti, laddove una blasfema intransigenza si fonde con una non comune sensibilità nell’allestire spesse atmosfere miasmatiche e tentatrici. Gli Embrace Of Thorns non dilapidano il capitale di fiducia che sempre riponiamo nelle metal band loro connazionali; “Darkness Impenetrable”, quarto full-length di una carriera iniziata nel 1999, si colloca nella fascia medio/alta delle uscite estremiste del 2015. Una pubblicazione in arrivo a pochi mesi di distanza dallo split coi Maveth, uscito nel 2014 sotto l’ala protettrice della Dark Descent. La collaborazione con gli allucinanti deathster finlandesi è un ottimo indicatore per capire cosa alberghi nei solchi di quest’album: death metal vecchia scuola, quello annerito e squarciato da un odio smisurato di scuola Incantation, che proprio nell’Ellade ha trovato una delle sue figliazioni più ingegnose nella commistione col black mediterraneo, portata a notevoli vette espressive dai venerabili Dead Congregation. Gli Embrace Of Thorns si accostano alle gloriose macchine di morte ed empietà appena nominate con la consapevolezza di non poterle eguagliare nell’inventiva, ma di essere almeno in grado di avvicinarle negli intenti e nel compendio emozionale suscitato. Una bava doom maleodorante risale nelle narici fin dall’apertura affidata a “Of Morbid Existentialism & Unholy Sorrow”, traccia a metà strada tra l’intro e un primo abbozzo di canzone, sfociante nell’olocausto ebete e peccaminoso di “Sons Of Fire & Brimstone Levitate!”. I Nostri ampliano il proprio universo sensoriale quando puntano ad andature controllate, devote anche a certe argomentazioni di scuola Morbid Angel nel periodo di “Gateways To Annihilation”, mentre quando le velocità si elevano traspare un approccio più ignorante ed efferato. Gli Embrace Of Thorns assumono durante il dipanarsi della tracklist sia il ruolo di sadici sacerdoti, emettenti inoppugnabili sentenze di morte, sia quello di spietati carnefici, che a colpi di spada mutilano e torturano i propri oppositori. L’effetto complessivo è quello che si avrebbe nel venire soffocati da una sostanza oleosa della consistenza del petrolio, con l’importante addizione di un veleno che non ammazzi in pochi istanti, ma perpetui le sofferenze per ore infinite. Il riffing, classicissimo, trasuda un’aura contemplativa in tracce come la title-track, dove compaiono addirittura voci recitate e un minimo di respiro melodico rompe l’accerchiamento vissuto fino a quel punto. Una batteria monocorde e tutt’altro che parsimoniosa in blast-beat e istanti di cieca frenesia omicida, toglie qualsiasi dubbio sulle intenzioni della band, brava nel tratteggiare melodie solenni senza concedere ad esse di diventare prevalenti rispetto alle necessità di annichilimento. Il suono molto chiuso su se stesso si giova di improvvisi schizzi solisti di origine slayeriana, posti di norma in fase di avvio dei brani, e si libera regolarmente dalle catene della distruzione a ogni costo per mezzo di breve armonizzazioni, pochi secondi durante i quali gli Embrace Of Thorns sfoderano piccoli tocchi di classe, dettagli che mettono un netto confine tra i gruppi di valore e i semplici picchiatori. Affrancandosi dall’avanzamento a mo’ di ‘marcetta’, tipico del war metal, e affidandosi a sviluppi relativamente più agili, come nel caso di “I Die Therefore I Exist”, i quattro guadagnano considerevolmente punti, uscendo dal canovaccio del death/black bestiale per introdursi nel reame più luminoso e di ampie prospettive del death metal tout-court. Una leggera altalena nel valore delle singole tracce – ottime quelle dove si largheggia nel minutaggio, solo discrete quelle più stringate, dotate di meno contenuti da divulgare – limita leggermente la votazione, per quello che resta comunque un ottimo esempio di death metal ferale e inzuppato di fluidi corporei provenienti da mostruosità in via di decomposizione.