7.5
- Band: EMBRYO
- Durata: 00:40:23
- Disponibile dal: 10/02/2015
- Etichetta:
- (logic(il)logic)
- Distributore: Andromeda
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I cremonesi Embryo si ripresentano finalmente sulle scene e lo fanno con un lavoro finalmente convincente e avvincente sotto tutti gli aspetti. Ripetiamo l’avverbio ‘finalmente’, in quanto fin dall’esordio “Chaotic Age” (2006), passando per il successivo “No God Slave” (2010), i ragazzi ci avevano stupito in maniera positiva senza però farci andare sopra le righe in sede di giudizio finale; giudizio figlio di un songwriting forse all’epoca non ancora esploso in maniera completa e matura come invece succede in questo nuovo album dal titolo omonimo. La scelta del titolo omonimo quando non si tratta di un disco di debutto lascia sempre un po’ interdetti, probabilmente perchè la si associa ad una mancanza di fantasia o di validi contenuti lirici; per quanto riguarda “Embryo”, secondo noi, la decisione va messa sul conto del concetto del ‘ripartire’, del ‘ricominciare da zero’. Il cyber-death metal tecnico-atmosferico dei Nostri, difatti, mai è stato così maturo e ben composto, incanalato in un solo tunnel di violenza e massacro, però anche ricco di sfumature e diverse zone di penombra. Le fondamentali tastiere di Simone Solla hanno oggi trovato il completo bandolo della matassa, alternando tappeti epici e ridondanti a sonorità elettroniche più moderne, pulsioni disturbanti e decadenti a partiture ariose e quasi prog. La voce di Roberto Pasolini, sia che si esprima in growl oppure in scream, non lascia scampo e riecheggia poderosa, inserendosi martellante e sinuosa lungo le ritmiche sincopate e triggerate della chitarra di Eugenio Sambasile e del basso del nuovo entrato Nicola Iazzi. Per non parlare di Francesco Paoli (Fleshgod Apocalypse, ex-Hour Of Penance), ospite gradito alla batteria in sede di registrazione e in grado di aumentare esponenzialmente il tiro dinamico delle composizioni della band. La tracklist è davvero coesa e compatta, non presenta filler e, a dire il vero, non presenta neanche un brano che emerge al di sopra degli altri con prepotenza: ciò non è un male, in quanto ogni canzone si attesta su livelli altamente competitivi e contribuisce a forgiare il mood generale del lavoro, spesso più importante di quanto possa dire una singola traccia vincente. Ci sono episodi, però, che ci sentiamo di dover segnalare: “Manipulate My Consciousness” e la title-track per il loro appeal melodico nonostante la costante ferocia; “The Pursuit Of Silence” e “The Door To The Abyss” per le malsane dissonanze di metallo gelido e ghiacciato; “I Am Pure Hate” e l’opening-track “An Awkward Attempt” per la furia belluina ma ragionata del loro incedere. Un lavoro death metal che realmente può stuzzicare il palato di vari estimatori della musica estrema e che può essere ideale per fan di Meshuggah, Soilwork, Dagoba, Bleeding Through, In Flames di metà carriera, Fear Factory e qualsiasi combo in grado di unire con sapienza fredde atmosfere, assalto frontale, zero voce pulita, produzione ad hoc e keys fenomenali. Gran bel ritorno, cari Embryo!