10.0
- Band: EMPEROR
- Durata: 00:43:58
- Disponibile dal: 08/07/1997
- Etichetta:
- Candlelight
- Distributore: Self
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Corre l’anno 1997 e gli Emperor tornano sul mercato discografico dopo aver pubblicato quattro anni prima l’Album Black Metal definitivo, “In The Nightside Eclipse”. È un gruppo che, pur avendo ancora poche uscite sul mercato, ha già dimostrato di avere inventiva, di avere la visione sognatrice che porta a concepire nuove musicalità, e quindi l’attesa per ogni loro nuova opera è trepidante. Quando partono le prime note di “Al Svartr (The Oath)”, si notano dapprima i suoni più morbidi, che non tradiscono il trademark dei norvegesi, ma che risultano più azzimati, più moderni, con una produzione che esalta l’ariosità delle composizioni. L’intro del disco è una delle più belle di sempre, un crescendo di epicità, come se si dovesse scendere in battaglia, e sfocia nel brano più violento che gli Emperor hanno scritto: “Ye Entrancemperium” (il cui riff di apertura è stato scritto da Euronymous dei Mayhem). Trym, il nuovo batterista di provenienza Enslaved, sostituto di Bard Faust, setta nuovi standard in termini di velocità e di pesantezza nella doppia cassa, seguendo le chitarre zanzariera che si sentono leggermente meno, consentendo di esaltare quella che diventerà la caratteristica principale di questo disco: la pomposità delle composizioni grazie alla melodia delle tastiere. Il brano, tritaossa, si concede un break centrale dominato dalla voce pulita di Ihsahn, capacissimo nell’alternarla al suo scream ferale a seconda dei connotati del brano, connotati che cambiano a più riprese e sempre seguendo un filo conduttore in maniera molto naturale. Arriva poi “Thus Spake The Nightspirit”, brano esemplare nel far risultare le tastiere protagoniste assieme alle chitarre che disegnano contorni perfetti – e arrangiano altrettanto egregiamente – per far arrivare la traccia nel suo momento più alto, quello della quiete dopo la tempesta, quando si intona in maniera alta il coro ‘Nightspirit, spirit, spirit, embrace my soul’, ripetuto come una litania triste e decadente, che si staglia in testa per mai più uscirne. I nostalgici delle tetre e maligne atmosfere del precedente lavoro si esalteranno con “Ensorcelled By Khaos”, composizione con una parte centrale da brividi e con un finale brutale, che precede “The Loss And Curse Of Reverence”, altro fulgido esempio del nuovo corso Emperor, tutto velocità, violenza sonora (tanta), scream inumani che trasudano malignità, e tastiere che allargano i confini del loro suono in territori melodici mai conosciuti prima. “The Acclamation Of Bonds” sono altri quasi sei minuti di Emperor in forma smagliante, un ottimo viatico per il capolavoro, per la canzone definitiva degli Emperor, “With Strength I Burn”: vera e propria aria, inno se preferite, il brano più lungo di questo disco riassume tutta la musicalità dei quattro norvegesi. Tutti gli aspetti del loro suono già menzionati – brutalità, melodie, atmosfere, maestosità – si fondono perfettamente in questo brano che alterna momenti violenti ad altri, specialmente nella parte centrale, in cui sale sul pulpito Ihsahn declamando, non cantando, su un tappeto di rara maestosità sonora. ‘For once I wish to see the entity behind the voice. The face of this seduction, the beauty of my pain […] Grant me sight so I can see that which lies ahead of me. Cursed be my mortal eyes for dying in the realm of Death […] Even though, I nothing learned. With strength I burn…’: ecco alcuni dei versi enunciati prima del caos finale, introdotto con un assolo di chitarra fantastico e con un crescendo ritmico da brividi, la distruzione dopo il sermone. “The Wanderer”, in funzione di outro, chiude l’album accompagnando la fine del nostro viaggio sognante con un ascolto all’insegna di una melodia triste ma vigorosa. Gli Emperor con questo lavoro mantengono il filo conduttore della perfezione di “In The Nightside Eclipse” nei suoi molteplici aspetti, ampliandoli e perfezionandoli per un’esaltazione pura senza neanche una nota che non rasenti il capolavoro. “Anthems To The Welkin At Dusk” è emozione pura, sempiternamente.