6.5
- Band: EMPLOYED TO SERVE
- Durata: 00:48:00
- Disponibile dal: 17/09/2021
- Etichetta:
- Spinefarm
- Distributore: Universal
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La semplificazione delle strutture come primo passo verso il raggiungimento di uno stile più abbordabile e il conseguente ampliamento del bacino di pubblico. Una scelta compiuta da moltissime realtà metal ad un certo punto della loro carriera, la quale – a seconda dei casi – ha portato sia grandi successi (per quanto non privi di controversie), sia tonfi clamorosi, a riprova della delicatezza e della precarietà dell’intera operazione. È da questo presupposto che riteniamo essere giusto approcciarsi a “Conquering”, terza fatica sulla lunga distanza dei britannici Employed to Serve e primo vero tentativo da parte della band di scalare le classifiche della madrepatria (e non solo), limando il proprio metalcore al fine di renderlo quanto più impattante e memorizzabile possibile. Intendiamoci, i Nostri non sono mai stati gli Zao o i Norma Jean, dal momento che la loro musica ha sempre poggiato su fondamenta armoniche e prive di spigoli troppo acuminati, ma il salto fra questa raccolta di brani e le precedenti è ugualmente di quelli importanti per linearità e ricerca di potenziali hit adatte alle grandi arene, legittimando se vogliamo la presenza di questa estate al Download e la futura partecipazione al tour europeo dei Gojira.
Mantenendo grossomodo inalterato il proprio impeto, Justine Jones e compagni vanno quindi ad assecondare i gusti di un’audience più generalista inglobando con una certa insistenza soluzioni djent, groove e persino alternative/nu metal in canzoni dalle strutture schiette e dirette, le quali impiegano meno di niente per offrire hook sulla carta irresistibili, ma che nei fatti non riescono sempre ad imprimersi con adeguata potenza in testa. La tracklist inizia bene con l’opener “Universal Chokehold”, dall’intro languido e melodioso, e la parimenti aggressiva e ruffiana “Exist”, non a caso scelta come anticipazione del disco, ma già a partire da “Twist the Blade” i segnali che il quintetto non vesta ancora benissimo certi panni ‘for the masses’ iniziano a trapelare, con linee vocali pulite (a cura del chitarrista Sammy Urwin) né particolarmente catchy, né chissà quanto adulte e grintose, le quali sembrano fare appunto il verso a certo nu metal senza però possederne il livello di presa. E la stessa cosa dicasi per il riffing e le soluzioni ritmiche che poco più avanti scandiscono altri episodi dell’opera: immediati e pompati quanto si vuole, ma non sempre coinvolgenti e trascinanti come sarebbe stato lecito aspettarsi da una svolta stilistica simile.
A conti fatti, arrivati alla conclusiva “Stand Alone”, l’impressione è che la suddetta transizione sia stata gestita dai Nostri in maniera un po’ affrettata, senza uno studio approfondito delle dinamiche ‘pop’ che consentono ogni giorno a band come Architects, Lamb of God e Slipknot (tra i primi termini di paragone di “Conquering”) di fare davvero proseliti. E anche se il tipico campanilismo delle testate britanniche li porterà in trionfo, non ci resta che sperare che, a partire dalla prossima release, gli Employed to Serve dimostrino di avere interiorizzato meglio la dimensione a cui ambiscono.