7.0
- Band: EMPYRIOS
- Durata: 00:53:49
- Disponibile dal: /08/2008
- Etichetta:
- Scarlet Records
- Distributore: Audioglobe
Attraccati al casalingo porto della Scarlet Records dopo il buon debutto dell’anno scorso (“…And The Rest Is Silence”, edito dalla greca Burning Star Records), i nostrani Empyrios mettono nuova carne al fuoco con questo “The Glorious Sickness”, sanguigno concentrato di prog-thrash metal d’assalto. Separatasi dal co-fondatore e batterista Matteo Mastroianni, sostituito dal più estremo Dario Ciccioni, la band del virtuoso Simone Mularoni (DGM) si ripropone al pubblico senza variare troppo il trademark già ben acquisito nel corso di diversi anni di militanza nel sottobosco metal: partendo da un classico background prog (Symphony X, Dream Theater, anche Angra), gli Empyrios sono soliti dirigersi verso sponde tipicamente Nevermoriane, per poi avventurarsi addirittura attraverso echi di Fear Factory, Soilwork e Meshuggah. Ecco, proprio un marcato – anche se non esagerato – incattivirsi del songwriting caratterizza la nuova release dei nostri portacolori, che sicuramente solleticherà gli appetiti di chi, in questo periodo, sente la mancanza della formazione di Warrel Dane e Jeff Loomis. Le ritmiche sono spesso terremotanti e, grazie anche ad una produzione sopra le righe, i momenti più groovy, tecnici e robotici del disco sono quelli che più si fanno apprezzare; da applausi gli assoli di Simone alla lead guitar, così come degna di menzione é la prestazione multicolore di Silvio Mancini alle vocals. Il gruppo, pur avendo estremizzato il proprio suono, non brilla ancora per concretezza e le canzoni necessitano più di un paio di ascolti per entrare in circolo, come ogni brano vicino al prog che si rispetti. Chorus non particolarmente memorabili – “Pandaemonium” è forse la traccia più convincente proprio perché ha un ritornello più orecchiabile di altri – limitano un po’ gli Empyrios, decisamente più esaltanti quando vanno giù pesanti con groove assassini e violenza tout-court (“Empire” e “Decadence Parade”, ad esempio). Buono l’utilizzo incrementato dell’elettronica e delle tastiere, ma ancora non basta a dare il giusto tocco atmosferico che dovrebbe accompagnare un lavoro ambizioso come “The Glorious Sickness”, che in definitiva va considerato come una buona conferma – non di più – per un combo che potrebbe arrivare parecchio in alto. Bello, ma non bellissimo.