7.0
- Band: ENDER
- Durata: 00:20:00
- Disponibile dal: 13/06/2025
- Etichetta:
- Frozen Records
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L’esordio degli Ender, “South of the Border / West of the Sun”, è un tuffo diretto in un’epoca ben precisa: quei primi anni Duemila in cui il melodic metalcore e post-hardcore di band come Poison The Well e Glassjaw dettava legge con i suoi intrecci di chitarre nervose, melodie sfavillanti e voci tanto aggressive quanto evocative. I francesi riescono a riesumare con buona misura quel sound, senza limitarsi a un piatto esercizio di stile, ma cercando, almeno a tratti, di infondere alla propria musica un’identità più definita, grazie anche a una produzione molto curata.
A livello stilistico, il suono è immediatamente riconoscibile, soprattutto grazie al lavoro delle chitarre, che appunto non si limitano a riff secchi e aggressivi ma si intrecciano e si aprono spesso e volentieri, guardando a una melodia ariosa e talvolta sognante, quasi a tessere un arazzo emotivo. Seguendo l’esempio di opere come “Everything You Ever Wanted to Know About Silence” e “Tear from the Red”, la malinconia scorre in sottofondo, senza mai perdere di vista la forza espressiva e scardinatrice tipica del filone di partenza. Non è un caso che, a tratti, venga alla mente anche la corrente emo/screamo di quel periodo — quello più melodico e patinato degli anni 2000, per intenderci, non certo le radici originarie degli ’80 o ’90. Eppure, anche quando i pezzi si addolciscono un po’, soprattutto nel comparto vocale, l’EP fortunatamente evita i cliché più sdolcinati o enfatici, mantenendo un buon equilibrio e un certo ritmo.
Quando il gruppo opta per trame un pochino più soft, semmai intervengono delle partiture elettroniche, che curiosamente flirtano con il mondo trip-hop. Il tutto si mantiene comunque all’interno dello stesso mood malinconico, senza deviare quindi troppo da quanto esposto sin lì tramite chitarre, basso e batteria. È una scelta coraggiosa e potenzialmente interessante, anche se al momento sembra più un esperimento che un elemento puntualmente integrato nel tessuto complessivo.
La tracklist, seppur breve, si rivela insomma scorrevole e tutto sommato ben strutturata, con ogni pezzo che si incastra con naturalezza nel quadro generale. Si percepisce chiaramente la ‘mano’ del gruppo nel songwriting, capace di alternare i registri e le varie fasi senza forzature. Il risultato è un EP che suona credibile, valido come biglietto da visita per una band che sembra avere le idee chiare e le capacità tecniche per far bene.
Chi ha vissuto quegli anni e chi apprezza quel sound troverà quindi in questo debutto degli Ender un motivo di interesse e qualche bella traccia da scoprire, mentre chi si avvicina ora a questo universo potrà farsi un’idea concreta di quanto quel periodo abbia lasciato un segno ancora vivo in una certa frangia della odierna scena ‘core.