ENSLAVED – Eld

Pubblicato il 21/12/2023 da
voto
9.5
  • Band: ENSLAVED
  • Durata: 00:58:41
  • Disponibile dal: 17/03/1997
  • Etichetta:
  • Osmose Productions

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Enslaved, una band che, negli oltre vent’anni trascorsi sulle pagine di Metalitalia.com, ha ricevuto praticamente sempre sperticati elogi e imperiture lodi. A ragione, direte voi, considerato l’enorme ed elevatissimo tasso qualitativo prodotto dalla musica personale, ricercata ed unica della band norvegese, pregna sia del black metal pagano degli esordi, sia di quel progressive rock/metal psichedelico e folcloristico che sfugge costantemente, e ancor più oggigiorno, alle più semplici catalogazioni. Voti alti sono piovuti, in questi anni, qualche Top Album è arrivato, un paio di Bellissimi sono stati scritti, ma – infine ce ne siamo accorti! – all’appello è sempre mancato quello che forse è ritenuto il capolavoro assoluto degli artisti di Bergen: il terzo full-length album “Eld”, che si gioca il primato con il precedente “Frost” e con un paio di mirabilia prog dei lustri successivi.
Edito all’inizio della primavera del 1997, quindi quasi ventisette anni fa, “Eld” rappresenta probabilmente l’apice del primo periodo degli Enslaved, quello maggiormente legato alle radici viking e pagan del loro black metal. I due già incredibili predecessori, magicamente pubblicati entrambi nel 1994, avevano proiettato subito la band di Ivar Bjornson e Grutle Kjellson nel Valhalla norreno di quei memorabili anni: “Vikingligr Veldi” prima e soprattutto “Frost” poi davano alla luce le sonorità glaciali, ma intrise di sprazzi prog e tocchi d’arte geniali, che hanno reso i loro autori la leggenda che pian piano hanno saputo alimentare con sapienza. Era a tutti gli effetti nato, con il placido benestare dei genitori Bathory, il viking black metal. E se la difficile scelta tra “Frost” ed “Eld”, un po’ figli di un unico discorso concettuale, ovvero la contrapposizione tra ghiaccio e fuoco, padroni dei reami scandinavi in egual misura, può dividere i fan del gruppo, noi pensiamo in definitiva che tra i due la differenza sia realmente minima e si trovi forse insita nei tre anni trascorsi tra il secondo ed il terzo disco, anni in cui Ivar e Grutle hanno affinato armi, strumenti ed ispirazione, maturando a dovere il suono completo e inattaccabile ascoltabile proprio su “Eld”. Peccato solo, lasciatecelo dire, per la copertina del lavoro, sulla quale si ammira un fiero Grutle Kjellson a mo’ di epico guerriero vichingo: affascinante, certo, ma i riferimenti al ‘fuoco’ del titolo e un’attesa contrapposizione al raggelante cover artwork di “Frost”… ebbene, ci chiediamo ancora dove diavolo siano!
Sostituito alla batteria Trym Torson, passato agli Emperor, con il valido Harald Helgeson, drummer che comparirà unicamente su “Eld” entrando però così nella storia della Musica Nera di diritto, gli Enslaved aprono le danze con l’infinita epopea di “793 (Slaget Om Lindisfarne)”, tuttora il brano più lungo mai scritto dal gruppo: l’incipit di minuti 3.40, con tastiere e sintetizzatori che si accavallano ritualistici in una marcia ondeggiante, per poi sfociare in un breve sciabordio d’acque, nell’accordo acustico portante e in un primo riff black di stampo decisamente psichedelico, annuncia la grandeur della composizione, guidata dal drumming percussivo e ossessivo di Helgeson e dal cantato gravemente pulito di Kjellson, che non proporrà mai il suo scream durante tutta l’opener, nonostante, grazie ad una struttura che unisce alla perfezione pagan metal, progressive e narrativa d’atmosfera, essa contenga degli strappi violentemente accelerati e portati da breaking riff assassini; sezioni doom, assoli penetranti, parti con groove trascinante, altre dove ancora la psichedelia la fa da padrone decretano ‘la battaglia di Lindisfarne’ quale canzone fra le più esemplari e complete create dal duo Ivar-Grutle, pochi dubbi!
Entrano dalla porta principale nella storia degli Enslaved anche i due seguenti brani, “Hordalendingen” e “Alfablot”, che abbassano drasticamente il minutaggio rispetto all’opener e alzano invece le dosi di aggressione e ferocia: la prima delle due è paradossalmente l’episodio più ‘orecchiabile’ di “Eld”, proponente un riff portante micidiale, delle tastiere mai invasive ma assurdamente impattanti, la voce di Kjellson finalmente in scream e – eccoci al dunque – un chorus indimenticabile, norreno al 1000%; in “Alfablot”, non molto diversamente dalla precedente, l’attacco è dinamico e violento, ai margini del punk-hardcore, da cui prende ispirazione per un paio di riff, e l’epica resta intensa e furente, resa solenne dal solito ritornello in voce pulita di Grutle, mai come in questo lavoro in grado di evocare avi e nordici antenati assetati di vendetta e rivincita sulle sopraffazioni cristiane; l’oscillare degli arrangiamenti ritmici, la ricercatezza nella cura dei dettagli proclama anche “Alfablot” tra gli highlight di un disco vicinissimo alla perfezione.
La posizione di centro-album è occupata da un’altra traccia pressochè indimenticabile, per cui fatichiamo a trovare ulteriori aggettivi sensazionalistici: “Kvasirs Blod” mescola con fervore ed epos unici un’andatura terremotante baciata da un ennesimo ritornello in clean vocals glorioso, un groove a tratti tetragono e stacchi dove il basso di Grutle si ammanta di cupa attesa nell’attimo di rilanciare l’assalto all’arma bianca verso la fine della storia di Kvasir, padre dei poeti, decretata da un acuto imprevisto e completamente spiazzante di Kjellson. I brani di “Eld” – escludendo sempre la prima traccia monumentale – non scendono mai sotto i cinque minuti ma mai superano i nove, attestandosi su di un minutaggio importante ma fluido e comodamente recepibile, in grado di sviluppare appieno, senza per nulla annoiare, le capacità compositive ed espressive del trio. Con “For Lenge Siden”, in qualche modo, raggiungiamo il climax dell’album: aperto da una voce narrante sopra il chiocciare di alcune galline, il pizzicato acustico seguente, doppiato subito da un paio di riff folk-black metal, alza la posta in gioco ed il crescendo implacabile che ne succede pervade pian piano le nostre visioni di immagini rurali, immagini spazzate via dall’aggressione cristiana atta a demolire le radici norrene, fino ad esplodere al minuto 2.45 con un incedere sempre vario e dinamico preso per mano dai fantasiosi pattern di Helgeson e dalla fervida brillantezza del riffing di Bjornson, che sul finale spara fuori un assolo letteralmente fuori giri. Per chi scrive la canzone migliore di “Eld”.
Si plana infine verso il termine del platter, illuminato forse più fiocamente dai suoi due ultimi episodi, “Glemt” e la title-track. Si tratta di facezie, chiaro, o comunque di un leggerissimo calo fisiologico se raffrontato agli splendidi cinque pezzi appena descritti. “Glemt” decolla immediatamente grazie ad un abile doppio rintocco di basso che lo rende riconoscibilissimo e la sua cascata infinita di note è corroborata dalla presenza ripetuta di una chitarra acustica sotterranea, molto elegante e significativa, e da un rallentamento favoloso che mostra l’attitudine già psych dei Nostri e la loro abilità innata di piazzare voci pulite ridondanti ma mai pacchiane o, peggio, ridicole. In “Eld”, la traccia, si alternano per l’ennesima volta le caratteristiche formanti il sound Enslaved del 1997, con trame di chitarra iper-dinamiche, una batteria che sfodera un lavoro di piatti e crash da ricordare ed una voce pulita, qui vagamente Steeleiana, che ricama melodie suadenti ed arcaiche. Arrivati alla soglia dell’ora di ascolto era forse difficile chiedere di più, ma anche l’ultima canzone, seppur un filino sottotono, soddisfa pienamente i padiglioni dell’ascoltatore e lo lascia estasiato di fronte a cotanto ‘bruciare’.
“Eld” è dunque uno di quei lavori imprescindibili sia per il viking black metal, sia per il black metal tutto, ma oseremmo comprendere anche tutta la musica estrema, ad essere onesti. In quanto frutto di passione, attaccamento alla propria terra e al proprio passato, ed una naturale scioltezza nel dipingerne le sofferenze, le glorie, le storie e i lasciti avuti. Un disco, il passato di un popolo, il fascino immortale di una mitologia leggendaria.

 

TRACKLIST

  1. 793 (Slaget Om Lindisfarne)
  2. Hordalendingen
  3. Alfablot
  4. Kvasirs Blod
  5. For Lenge Siden
  6. Glemt
  7. Eld
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