6.5
- Band: ENSLAVED
- Durata: 00:45:03
- Disponibile dal: /05/2006
- Etichetta:
- Tabu Recordings
- Distributore: Audioglobe
Non accade spesso che una band di extreme metal riesca ad aggiudicarsi sia i Norwegian Grammy che gli Alarm Awards, ma con “Isa” del 2004 gli Enslaved hanno raccolto meritatamente i frutti di tutta una carriera all’insegna della sperimentazione e del coraggio. I fondatori di quello che è stato denominato il ‘viking metal’ si sono evoluti in una concezione di metal estremo, sempre nordico ed epico, che si erge al di sopra delle usuali definizioni di genere. Il nuovo “Ruun” giunge inaspettatamente assai presto, evidentemente la band si crede assai ispirata in questo periodo e non esita a rimettersi subito in gioco dopo i successi degli ultimi due, vincenti album. Bisogna però dire subito che “Ruun” si pone al di sotto delle attese e delude un po’. Il richiamo epico di “Isa” sembra, in modo paradossale visto il titolo dell’album, essere svanito praticamente del tutto. “Ruun” ha parecchia atmosfera, per lo più cupa ed ipnotica, è più compatto, ma ovvimente meno dinamico e vario rispetto al suo predecessore. Risaltano in modo evidente gi influssi rockeggianti da tempo presenti nel sound del gruppo, ci sono gli azzardi psichedelici e una struttura a tratti prog, ma chi ha seguito l’evoluzione del sound Enslaved negli ultimi anni non si stupirà neppure di questo. La debolezza di “Ruun” consiste nel fatto che il CD sembra la versione meno riuscita di “Isa”. Qui gli Enslaved si sono fermati, hanno arrestato la loro sete di evoluzione e per una volta si sono ripetuti e questo può significare diverse cose, ma il fatto essenziale è che la qualità dei brani stavolta non raggiunge livelli memorabili. Gli Enslaved ultimamente hanno abituato i loro ascoltatori davvero bene e “Ruun” ne paga un po’ le conseguenze. La stessa titletrack può essere ugualmente presa come punto di riferimento dell’attuale stato di salute, comunque buono, e del particolare trademark della band norvegese. “Ruun” non sarà di certo il disco che farà riavvicinare a Ivar e compagni chi li ha abbandonati alla propria sorte già dai tempi di “Frost” o “Eld”, mentre chi invece ha seguito con interesse il gruppo negli ultimi lavori potrà comunque trovare dei momenti piacevoli in un album valido, ma che non aggiunge niente di nuovo alla carriera degli Enslaved. Anche i grandi ogni tanto soffrono di una piccola battuta d’arresto nel loro cammino vincente.