7.0
- Band: ENTER SHIKARI
- Durata: 00:50:24
- Disponibile dal: 12/06/2009
- Etichetta:
- Ambush Reality
- Distributore: Warner Bros
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Che gli Enter Shikari fossero a loro modo dei geni – della musica, del marketing o del male, decidetelo voi, anche se il giorno d’oggi il sillogismo appare fin troppo scontato – ne avevamo avuto il sospetto già in occasione del loro debutto indipendente e, ora che il nuovo "Common Dreads" è finalmente nei negozi, ne abbiamo la definitiva conferma. Svanito l’effetto sorpresa, e sfruttata a dovere la cassa di risonanza offerta dal fenomeno MySpace, i nostri hanno firmato un accordo di distribuzione con il colosso Warner e dato alle stampe quello che si presenta come il più logico successore dell’acclamato "Take To The Skies", del quale eredita pregi e difetti. Tra i primi, permane l’innata capacità della band di sfornare anthem in grado di fondere alla perfezione le sonorità di stampo core (nella fattispecie più emo che metal) alle melodie facilone dell’eurodance, dando vita al cosidetto trancecore, genere indigesto al pubblico più oltranzista, ma perfetto per risollevare le sorti di pit ormai esausti a furia di roteare le braccia al ritmo dei soliti breakdown. Per quanto riguarda invece i difetti, ora come allora appare incomprensibile la scelta di farcire la tracklist di riempitivi utili solo per spolverare il tasto Skip del lettore – oltre alla spaziale title track posta in apertura, un inno alla fratellanza che nemmeno i Manowar, da evitare sono soprattutto le due "Havoc" e la penultima "Halcyon" – così come un po’ fuori luogo paiono le più danzerecce "Zzzonked" e "The Jester", in cui i nostri provano a vestire i panni dei Prodigy e dei Pendulum, senza però possedere la furia dei primi e la classe dei secondi. Sfoltita la tracklist dai numerosi filler, restano però una manciata di hit di assoluto valore quali "Juggernauts", "No Sleep Tonight", "Gap In The Fence" e "Hectic", canzoni forse prive dell’aggressività tipica degli esordi ma, proprio in virtù della loro trascinante carica melodica, in grado di risvegliare e scatenare il fanciullino che è in ognuno di noi – sia esso cresciuto sulle note di "Youth Gone Wild" o di "The Summer Is Magic" – e di rievocare quella spensieratezza tipica degli anni migliori della nostra vita. Divagazioni poetiche a parte, resta dunque la certezza di un disco forse meno spontaneo e grintoso del suo predecessore, eppure altrettanto imperdibile per chi si è innamorato di loro sulle note di "Sorry You’re Not A Winner": il futuro del metalcore non passa più da qui, ma, se cercate un partner per un’avventura estiva o un traghetto per l’Isola Che Non C’è, non avete che da infilare le cuffie ed alzare al massimo il volume…Here tonight, I clock a thousand heads Here to unite, through common dreads….