7.5
- Band: ENTHRONED
- Durata: 00:48:31
- Disponibile dal: 07/06/2019
- Etichetta:
- Season Of Mist
- Distributore: Audioglobe
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Se siete tra coloro che identificano gli Enthroned esclusivamente con lo scellerato amalgama di black e thrash metal di larga parte della loro produzione o con l’ugola dell’ex leader Lord Sabathan, non potrete che vedere “Cold Black Suns” come l’ultimo chiodo sulla bara di una formazione ormai trasmutata e lontanissima dallo stile che ne ha decretato la fama all’interno del circuito underground europeo. Al contrario, se siete aperti ai cambiamenti e la vostra dieta musicale si compone di abbondanti dosi di metallo nero ‘evoluto’, allora le nove tracce confezionate dal gruppo belga per questo suo comeback rappresenteranno un elisir del quale faticherete a sottrarvi.
Facendo innanzitutto muro intorno ai punti di forza del precedente “Sovereigns” (vecchio ormai di cinque anni) e ricorrendo a giochi di pieno e vuoto preponderanti, Nornagest e compagni sfoderano un’opera che li lancia in una dimensione sonora refrattaria alle facili vie di fuga, figlia di una spiritualità inquieta e mai così affinata. Un peregrinare tra le sfere della luce e del buio che, nonostante l’indubbia aggressività emanata dalla tracklist, invita alla trance e al raccoglimento, nell’ottica di un songwriting enigmatico da cui si sollevano continuamente nuovi dubbi. Quando sembra ormai che la via di un brano sia tracciata, posta sui binari dettati da lancinanti scariche di blast beat o da profonde digressioni ritmiche, ecco che il gruppo belga scompiglia le carte in tavola, inverte la tendenza e conferisce al tutto un incedere molto più obliquo e frastagliato del previsto, guardandosi però bene dallo sfociare in quella sorta di astrusità compositiva cara a tante formazioni contemporanee. Una ricercatezza che non prescinde insomma dalla musicalità e dal senso narrativo del genere, con i cachinni diabolici di “Vapula Omega”, i continui strappi di “Smoking Mirror” o il climax epico di “Son of Man” (episodio principe del lotto con le sue melodie solenni) a sintetizzare al meglio il nuovo corso della band.
Un compromesso tra il suono dei Nineties e quello degli anni 2000 concepito con cuore e meticolosità, a cui si può tranquillamente perdonare la vaga ridondanza di alcuni passaggi. Davvero niente male per una creatura giunta al traguardo dell’undicesimo full-length.