7.0
- Band: ENTHRONED
- Durata: 00:40:17
- Disponibile dal: 20/03/2012
- Etichetta:
- Agonia Records
- Distributore: Masterpiece
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Possiamo tornare a tirare un profondo respiro di sollievo. Gli Enthroned si sono ripresi prontamente dal torpore che li aveva assoggettati sul penultimo album “Pentagrammaton”, release mediocre per un gruppo del calibro del più famoso quartetto belga in circolazione. La formazione è rimasta la stessa, ma sul nuovo “Obsidium” il gruppo di Nornagest ritrova il suo lato più occulto e violento. Indubbiamente su questo prodotto è stato fatto un grande lavoro, le atmosfere sono curate nei minimi dettagli e sono di vitale importanza per la creazione avvolgente di un’aura arcana ed opprimente. Bravi qui gli Enthroned ad enfatizzare il proprio rituale sonoro con brevi ma imponenti cori di stampo monastico. L’eresia si sparge rapida lungo i quaranta minuti che compongono “Obsidium”, prodotto che si candida a classificarsi nei primi posti delle top release black metal del nuovo anno. Quando ormai tutti davano per scontato che la dipartita di Lord Sabathan dalla line up avesse rappresentato per gli Enthroned un’accentuazione degli influssi thrash metal nel trademark del gruppo, ecco arrivare in “Obsidium” la più clamorosa delle smentite. In effetti, sul nono studio album del quartetto belga il segno lasciato dagli elementi thrash metal è davvero insignificante (forse la sola “Oracle Ov Void” sembra conservare un retaggio del recentissimo passato), se paragonato agli altri lavori, soprattutto al predecessore “Pentagrammaton”. Nel 2012 gli Enthroned dimostrano tutta la qualità e la ‘reputazione’ che un gruppo storico del black metal può ancora offrire sull’altare del sacrificio. Tutti i brani della nuova opera sono offerte votive che appagheranno i demoni infernali nonché i fan di nuova e vecchia data della band. La velocità è un elemento chiave su questo CD e bravi sono stavolta gli Enthroned a sviluppare interessanti e morbose atmosfere (e riff di chitarra) senza sentire il bisogno di rallentare il ritmo per creare un pathos più intenso (ad eccezione della conclusiva e non esaltante “Thy Blight Vacuum”). Lo screaming di Nornagest è nella norma, ma in questo caso il rimpianto della mancanza di un Lord Sabathan si fa sentire parecchio. Dell’ennesima rinascita di questo gruppo, la cui carriera è costellata di alti e bassi, c’era proprio bisogno in tempi di magra (per il black metal) come questo.