7.5
- Band: ENTOMBED , ENTOMBED A.D.
- Durata: 00:40:44
- Disponibile dal: 26/02/2016
- Etichetta:
- Century Media Records
- Distributore: Universal
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Gli Entombed (A.D.) non hanno più intenzione di perdere tempo. “Dead Dawn” arriva a solo un anno e mezzo di distanza da “Back To The Front”, la cui uscita era peraltro stata posticipata di dodici mesi per gli ormai noti dissidi interni che hanno portato prima alla separazione con Alex Hellid e poi alla modifica del monicker per evitare una lunga battaglia legale. Completati i tour di supporto a “Back…”, il gruppo ha quindi subito iniziato a registrare il suo successore, palesando una voglia di fare e una determinazione che non si percepivano da parecchio tempo. “Dead Dawn” non è insomma un disco composto di fretta; al contrario, è il frutto del lavoro di una lineup ormai rodata ed affiatata, che sente di essersi definitivamente lasciata alle spalle un periodo buio e che non può fare altro che esprimere tale soddisfazione tramite la creazione di nuova musica. Le tracce dell’album, non a caso, suonano veementi ed euforiche: la produzione è più sporca (e per gli Entombed questo è un bene) e il materiale più pimpante e compatto. Naturalmente non è il caso di chiamare in causa i soliti, ormai obsoleti, paragoni con gli immortali dischi degli esordi, ma “Dead Dawn” è comunque l’opera più aggressiva che gli svedesi abbiano sfornato da “Morning Star”. Le basi sono quelle degli ultimi lavori in studio, ma c’è più death metal, più thrash e, in generale, più potenza qui che in tutti i dischi dell’ultima dozzina d’anni. Come ormai vuole la “recente” tradizione Entombed, la struttura dei brani è sempre molto ordinata, con strofe e chorus ben delineati, alla maniera dei vecchi classici metal e hard rock, ma questa volta chitarre e batteria spingono davvero, grattando e prendendo a spallate con rinnovato vigore. Quando la band accelera, lo fa senza inibizioni, mentre i midtempo denotano maggiore tiro e pesantezza. I vari estremi vengono esplorati più a fondo e, in generale, si respirano più convinzione e maggiore consapevolezza dei propri mezzi. A parte la sibillina “Hubris Fall”, nella quale viene messa da parte l’indole sbruffona per ricercare toni più dark e luciferini, il gruppo non si inventa nulla di particolare, ma, alla fine, è proprio questa semplicità intrinseca a convincere: gli Entombed fanno “il solito”, ma lo fanno con più grinta rispetto agli ultimi tempi. È questo il vero disco della rinascita per LG Petrov, che peraltro pochi mesi fa ha dato un’altra prova di forza e salute con il debutto del progetto Firespawn (del quale il fido bassista Victor Brandt è il leader). Da “Midas in Reverse” a “Not What It Seems”, “Dead Dawn” è un album che si ascolta veramente volentieri: un album in cui cura nel songwriting, spontaneità e una graditissima capacità di sintesi trovano notevole equilibrio. Il pur buono “Back To The Front” aveva rappresentato una prova generale dopo sette anni lontano dallo studio, ma ora i quattro di Stoccolma sono di nuovo pronti a fare sul serio.