7.5
- Band: ERIC WAGNER , TROUBLE
- Durata: 00:36:53
- Disponibile dal: 18/03/2022
- Etichetta:
- Cruz Del Sur Music
Spotify:
Apple Music non ancora disponibile
È sempre triste quando un musicista se ne va e, ad agosto del 2021, la Nera Signora, con la falce della pandemia, ha finito per prendersi anche Eric Wagner, membro fondatore dei Trouble e riconosciuto come uno dei cantanti più influenti della storia del doom metal più underground.
Il canto del cigno del musicista statunitense è questo “In The Lonely Light Of Mourning”, disco sul quale in realtà stava lavorando da un bel pezzo con alcuni musicisti facenti parte dei suoi progetti. Troviamo quindi diversi turnisti per ogni brano, tra cui Chuck Robinson, bassista della penultima incarnazione dei Trouble e chitarra di un EP dei The Skull, Sean McAllister, che ha ripreso in mano il basso dopo decenni dalla sua comparsa sull’iconico “The Skull”, Ron Holzner, Victor Griffin dei Pentagram, l’onnipresente batterista Dave Snyder e tanti altri che in un modo o nell’altro hanno aiutato Wagner a mettere insieme le nove canzoni che compongono il disco.
Si tratta dunque di un viaggio attraverso diverse fasi della vita dell’artista, dal periodo più doom classico fino a quello più heavy che ricorda i Trouble della seconda metà degli anni Ottanta. La prima tripletta che si sposta tra melodie cadenzate e riffoni rappresenta sicuramente una enciclopedia scolastica ma vivamente sentita dalla line-up, con il lento incedere di “Rest In Place” e “Maybe Tomorrow”, senza dimenticarsi di assoli marcatamente heavy metal nello stile dei più recenti The Skull e della gravità del basso di Sean McAllister in “Isolation”. Nella drammatica “If You Lost It All” interviene il violoncello di Brian Gaona, già presente sull’album omonimo dei Blackfinger, rendendo le atmosfere già esplorate nelle prime tre canzoni ancora più drammatiche, mentre con “Strain Theory” si torna immediatamente in una decisa marcia funebre di metal epico e rallentato. L’incedere di “Walk With Me To The Sun” fa immaginare direttamente un’umanità che cammina lentamente verso la fine, mentre la titletrack – che vede l’assolo di Victor Griffin esplodere intorno alla metà del terzo minuto – presenta una malinconica linea di basso seguita dalla voce pulita di Wagner, in grado di donare sia eleganza che tragicità a quanto viene suonato.
Ma è “Wish You Well” la canzone forse più riuscita e anche più dolorosa di tutto il lotto: una sfuriata heavy ma con una distorsione doom che recita “If you are in Heaven or you’re in Hell, either way, i wish you well” che, ascoltata dopo l’addio al cantante, sembra quasi un augurio a se stesso nell’aldilà.
Due parole merita comunque proprio la prova vocale di Eric Wagner, che si è dimostrato fino all’ultimo essere ancora un ottimo compositore ed un eccellente cantante, capace di donare spessore a tutte e otto le tracce di questo disco postumo, che siamo sicuri possa trovare un dignitoso spazio in una collezione accanto a tutte le band nelle quali ha militato nel corso degli anni. Non una voce profonda né canonica (nel senso più contestualmente ‘moderno’ del termine), ma una che più di altre ha contribuito alla definizione di un certo standard heavy metal riferito al doom di matrice statunitense, alla quale moltissimi artisti della scena moderna devono molto del loro stile.
Ovunque tu sia, Eric, la tua musica resta la testimonianza che una vera passione può tenere l’animo acceso, fino alla fine.