6.5
- Band: ESCUELA GRIND
- Durata: 00:22:01
- Disponibile dal: 30/09/2022
- Etichetta:
- MNRK Heavy
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Nel giro di un paio di anni all’interno dell’underground d’oltreoceano, gli Escuela Grind si sono ritagliati una grossa fetta di notorietà su cui posano lo sguardo i rispettivi competitors qui in Europa. Dopo vari dischi autoprodotti tra cui “PPOOWWEERRVVIIOOLLEENNCCEE” e “GGRRIINNDDCCOORREE”, entrambi usciti nel 2020, ed un deciso, primo album dal titolo “Indoctrination”, gli Escuela Grind hanno macinato date su date presenziando anche allo Psycho Las Vegas di quest’anno e imbastendo un tour europeo che li ha portati anche nel nord d’Italia per una manciata di date, fino a partecipare all’Obscene Extreme 2022. Oggi però, abbiamo l’occasione di parlare di “Memory Theater”, la loro nuova uscita su MNRK Heavy, etichetta che vede presenti gruppi come Crowbar e High On Fire all’interno del proprio roster.
Al primo ascolto notiamo immediatamente l’evoluzione rispetto ai lavori precedenti. “Memory Theater” è composto da nove brani, per una durata totale di ventidue minuti di fuoco. La durata media dei brani varia tra i due e i tre minuti, mentre in “Indoctrination” e nei vari EP è raro trovare brani che superano il minuto di durata. Sia chiaro, la proposta caotica e furiosa rimane la medesima, ma al tempo stesso questa volta appare un po’ più articolata. I brani di “Memory Theater” scorrono veloci e risultano inoltre essere abbastanza divertenti, nonostante il fatto che il quartetto americano sforni un hardcore esplosivo che rimanda al powerviolence e al grindcore di scuola Napalm Death e Infest. Il risultato è un accattivante miscela di blastbeat sintetici, ritmi catchy e riff selvaggi, sorretti dal tagliente urlato incazzato di Katerina Economou. Le tracce “Cliffhanger” e “All Is Forgiven” sono i due singoli che anticipano l’uscita del disco: sfuriate e ritmi primitivi si rendono protagonisti dei due brani pesanti e caotici, mentre in “Endowed With Windows” vortici di doppio pedale vanno per la maggiore. “The Feed” e la titletrack sembrano essere i brani più strutturati e costruiti del disco, con vari ritmi catchy, tremolo picking di chitarra e ripartenze che si aprono in esplosioni di blast beat.
Tuttavia, anche se la produzione del disco è stata completamente affidata alle mani di Kurt Ballou (Converge e GodCity Studio), il sound risulta essere più saturo e meno definito rispetto a “Indoctrination”. I brani suonano un po’ più ‘sporchi’ e probabilmente non rendono allo stesso modo della loro proposta dal vivo, ma nonostante ciò ne apprezziamo molto l’evoluzione in termini di songwriting. La rapidità e la ferocia stanno comunque alla base del disco ed è ciò che risalta di più alla fine dei conti.