6.5
- Band: ESOCTRILIHUM
- Durata: 02:10:17
- Disponibile dal: 12/05/2023
- Etichetta:
- I Voidhanger Records
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Sempre più inseriti nella parte di nuovi Inquisition dal punto di vista dei titoli infiniti e incomprensibili ai non iniziati, gli Esoctrilihum ci presentano con “Astraal Constellations Of The Majickal Zodiac” il loro opus magnum, almeno a oggi: tre dischi per circa tre quarti d’ora di durata ciascuno, con inevitabile timore misto a curiosità nell’approcciarsi a un simile mastodonte.
Personalmente abbiamo scelto di approcciarci a ogni singolo capitolo, peraltro considerabile tale anche in termini tematici/esoterici – almeno a quanto si deduce dai titoli – come a un disco singolo, per quanto il voto complessivo si riferisca ovviamente all’insieme.
Il primo disco consta di sei tracce che confermano le buone impressioni e la continua maturazione della band francese: atmosfere intense, abbondanti venature death/black nelle linee vocali, crudeli e spesso atonali, uptempo stranianti come forma tipica dei brani. Tra le novità, spiccano i violini sintetici, che qua e là punteggiano i momenti più aulici, e un ancor più variegato utilizzo delle tastiere, in termini di suoni offerti su tutta la gamma della più oscura, per non dire catacombale, atmosfera. Ci troviamo, ancor più che in passato, di fronte a brani estremamente circolari, che avvolgono in spire maligne, richiamando alla mente anche alcune soluzioni del Burzum di “Hvis Lyset Tar Oss” nella loro semplice ma disarmante intensità. Possiamo anzi dire che in generale il sound è più old-school e nostalgico, e richiama in molti passaggi prime mover come Mystifier e Beherit, oltre a non pochi spunti che vengono dai Mortuary Drape nell’uso delle tastiere, particolarmente affascinante e conturbante in un brano come “Saturnyôsmachia”.
Citando elementi di rilievo sparsi, “Tȃimonh Ѳx” ha un avvio sublime, a metà strada tra musica new age e cosmic black metal, ma progressivamente le tastiere eteree e il pianoforte cedono il posto a tappeti maestosi e maligni e il brano diventa l’ennesima discesa agli inferi, guidata dalla straziante voce di Asthâghul. Abbiamo poi dissonanze occulte su “Ѳxphiliastisme”, forse la traccia che pare con più forza provenire da oscuri abissi, con un finale lugubre di alta intensità. Trionfano insomma toni maestosi e insieme orrorifici che si esaltano anche sull’ultimo brano di questa prima parte, che pure trova anche una dimensione più furiosa e diretta, in un crescendo centrale alienante, basato su una batteria sorda e ossessiva.
Si passa al secondo disco e, senza particolari critiche sulla qualità complessiva, va detto che sono pochi gli elementi distintivi; dopo l’iniziale “AlŭBaalisme”, che pare promettere una produzione più marcia e scarna, non cambia poi troppo l’approccio stilistico complessivo rispetto a quanto sentito prima. Possiamo sicuramente rilevare – per restare sul gioco delle citazioni – qualche rimando al black metal greco del tempo che fu, in particolare su “Säth-Oxd, Stellar Basilisk”, ove si fa spazio anche una linea vocale pulita e ieratica. Trovano nuovamente forma brani costruiti con sapienza nella loro evocazioni di mondi oscuri con un approccio aggressivo e insieme dotato di fughe atmosferiche e ipnotiche; tuttavia, superata l’ora di ascolto, si riescono a stagliare sulla massa giusto “Shadow Lupus of Sæmons-Tuhr”, estremamente sinfonica e incalzante, e l’interessante, grezzo riff che fa capolino su “Skorpïus Nebŭlah Tyrant”.
Sembrerebbe assumere più senso la scansione su supporti diversi allorché si giunge alla terza parte, composta da due soli, lunghissimi brani che superano entrambi i venti minuti. Anche in questo caso, tuttavia, non ci sono stravolgimenti incredibili nel sound: i pezzi si fanno semplicemente più lunghi e le variazioni sul tema che abbiamo elencato più sopra trovano posto in segmenti più ravvicinati, con giusto un tocco sinfonico più accentuato, a voler trovare l’elemento distintivo della terza sezione di ascolto. Un po’ un peccato, perché potevano forse essere due occasioni per offrire, come nel caso di alcune tracce dei dischi precedenti, sperimentazioni più nette.
Al netto quindi di una qualità che non mostra troppi cedimenti, il nuovo lavoro degli Esoctrilihum soffre del difetto di diventare un ascolto estenuante: probabilmente non sarebbe il nostro primo consiglio per approcciarsi a una band che pure, negli ultimi anni, ha saputo ritagliarsi un posto di tutto rispetto in ambito estremo.