7.5
- Band: ESOCTRILIHUM
- Durata: 01:01:44
- Disponibile dal: 22/05/2020
- Etichetta:
- I Voidhanger Records
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Nella recensione del loro precedente disco avevamo fatto riferimento a Rotting Christ e Morbid Angel come distanti ma assimilabili stelle polari nella definizione del loro sound, e possiamo ripartire da lì per descrivere questo “Eternity Of Shaog”, sicuramente il capitolo fin qui più incisivo e complesso messo in campo da Esoctrilihum; dove non solo ritorna l’ombra ispiratrice delle band suddette, ma in generale Asthâghul (l’unico membro nascosto dietro il monicker) riesce a fondere al meglio quasi tutte le diverse anime dell’estremo.
Rispetto ai loro esordi più feroci e schizoidi, qui crescono ancora le strizzate d’occhio alla melodia, soprattutto nei primi brani: mette tutto subito in chiaro la trasognata “Orthal”, sul cui riff trascinante si innesta una linea vocale staziante e chiusa a meraviglia da un finale che si rifà direttamente al metal classico. Analoga struttura per “Exh-Enî Söph”, dove però la circolarità delle chitarre viene inframezzato da arpeggi dissonanti e squillanti innesti di strumenti variegati (archi su tutti) che evocano orrori primordiali. A seguire ci sono tracce più selvagge e soffocanti (“Thritônh”), schizoide punto di incontro tra il black/death dei migliori Portal e sinuose melodie di estrazione folk, e altre dove in una sorta di surrealismo maligno ma giocoso si passa da delicati strumenti acustici a droni miasmatici, attraverso sfuriate di batterie da massacro (“Aylowenn Aela”, “Amenthlys” o ancora “Shayr-Thàs”). “Shtg”, posta a metà disco, esacerba la componente ludica, sfiorando la psichedelia: un brano retto per buona parte dal solo pianoforte, su cui si sovrappongono per appena un minuto chitarre e tastiere, come una breve tempesta di neve nel buio.
Restano ancora ottimi pezzi sul finale, con “Namhera” e la seguente titletrack a caratterizzarsi come i brani più catchy del disco. Nel primo trovano posto con pari dignità un riff indelebile, melodie mediorientali e un cantato marziale, nonostante il tono contenuto, mentre con “Eternity of Shaog” è facile pensare di aver compiuto un tuffo negli anni Ottanta dell’estremo. In un contrasto efficace con i primi brani, più rappresentativi del modo di intendere il black metal oggi, sono anch’essi il manifesto di come Asthâghul inizi sempre più a mostrarsi un degno sodale di suoi visionari compatrioti, quali Deathspell Omega e Blut Aus Nord; manca ancora qualcosa per il salto definitivo nell’empireo di quel black metal siderale e maestoso che rende grande la scena transalpina, ma la strada ci sembra tracciata al meglio, grazie a una dimensione avanguardistica che non perdere la rotta dietro inutili orpelli.