7.0
- Band: ETRUSGRAVE
- Durata: 00:58:51
- Disponibile dal: 29/11/2010
- Etichetta:
- My Graveyard Productions
- Distributore: Masterpiece
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“Tophet”, la seconda uscita dei toscani Etrusgrave, è un disco che gli amanti dell’epic metal aspettavano da quando due anni fa la band esordì con in buono “Masters Of Fate”. Oggi il gruppo capitanato dall’ex chitarrista dei Dark Quarterer, Fulberto Serena, torna con un lavoro che ripresenta la stessa formazione del disco di debutto ma più raffinato e completo come songwriting. I brani, inclini nello stile ai primi Dark Quarterer, sono più articolati, atmosferici e intensi rispetto al precedente album. Lo stesso Fulberto sembra inoltre aver ulteriormente affinato il proprio inconfondibile stile d’altri tempi, mettendo la sua classe al servizio delle melodie in maniera ancorpiù efficace. I riff, gli arpeggi e i soli di brani lunghi, evocativi, progressivi e coinvolgenti come l’ottima e drammatica “Hastings” o la malinconica “The Silent Death” sono supportati da un’ ottima prestazione della seziome ritmica, di cui sottolineiamo il drumming vario e mai scontato di Francesco Taddei. Le tracce però in cui la penna di Fulberto raggiunge picchi qualitativi piuttosto rari nel panorama epic metal attuale sono la titletrack, con i suoi riferimenti a riti funebri fenici, e la bella accoppiata tra la intro Wagneriana “Nothung Schwert” e la sinistra “Angel Of Darkness”. Sono questi gli episodi che meglio riescono a trasmettere all’ascoltatore atmosfere epiche e a tratti oscure grazie a composizioni varie, mai prolisse e che crescono ascolto dopo ascolto. Discreta inoltre nel finale la riproposizione della storica “Colossus Of Argil” propria dei Dark Quarterer di “The Etruscan Prophecy”. L’unico elemento a non convincere come sul disco d’esordio è la performance vocale di Tiziano Sbaragli. I le linee vocali di “Tophet” rispetto a quelle di “Masters Of Fate” sono infatti iscritte in contesti che, secondo il sottoscritto, richiederebbero maggiori espressività, versatilità e capacità interpretativa di quanta Tiziano dimostri di avere. I progressi che il singer ha fatto in questi due anni non riescono a colmare tale discrepanza. A soffrire anche se solo parzialmente di questo sono i cambi di tonalità e i passaggi più impegnativi dei brani sopra indicati e di “Subulones”, brano di heavy classicissimo il cui cantato appare quasi afono sul refrain. Non parliamo comunque di un difetto troppo influente e l’impressione complessiva che lascia “Tophet” è comunque quella di un disco solido, le cui affascinanti sonorità sono oggi merce piuttosto rara.