7.5
- Band: EVADNE
- Durata: 01:05:18
- Disponibile dal: 02/04/2012
- Etichetta:
- Solitude Prod.
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Mai luogo comune come quello che vede gli spagnoli come un popolo sempre allegro e pronto a far festa, al ritmo di flamenco e sangrìa, venne sfatato in maniera netta e ineluttabile tramite l’ascolto di un album. Stiamo parlando del secondo disco di questi valenciani Evadne: “The Shortest Way”, una sorta di gioiellino di death-doom quanto mai funereo e melanconico, basato su un concept dove la morte è proprio “la via più breve” (The Shortest Way, ndR) per raggiungere la defunta persona amata dal protagonista di quella che è una vera e propria tragedia narrata nelle tracce che compongono il disco. Il concept di “The Shortest Way” sembra ispirarsi proprio a colei che dona il nome a questa band: Evadne, figlia di Ares (dio della guerra) che si uccise durante il rito funebre del marito morto in guerra, gettandosi sulla pira per morire insieme a lui. Durante questa straziante ora abbondante di musica, i Nostri ci dimostrano una profonda, competente e appassionata conoscenza del genere in questione, ispirandosi a quanto di buono fatto in principio da band come My Dying Bride e, soprattutto, primissimi Katatonia. Non a caso, infatti, al mastering vediamo la collaborazione di Dan Swano (Edge Of Sanity, Bloodbath… come musicista, Asphyx, Katatonia e tantissimi altri come ingegnere del suono, produttore, ecc.). Diciamo che se da un punto di vista stilistico gli Evadne non inventano nulla di nuovo – e magari non si contraddistinguono in maniera inequivocabile a livello di personalità – sarebbe ingiusto, e quasi deleterio, tacere dell’ispirazione e della qualità del materiale proposto. Brani come “This Complete Solitude” o “All I Will Leave Behind” mettono infatti in bella mostra tutti i punti di forza di questa band, che è in grado di passare in maniera fluida ed efficace da momenti di quiete sussurrata e introspettiva a esplosioni di rabbiosa e lancinante disperazione, interpretati molto bene da Albert, un vocalist che in più di un frangente ci ha portato alla mente Mikael Akerfeldt (Opeth, Bloodbath) nei suoi growl più cavernosi (pur non essendo dotato della stessa versalità del più noto svedese). Apprezzabile poi la scelta di non mettere in primissimo piano le parti di tastiera, lasciandole come tappeto sonoro sotto forma di campionature a riempire il suono senza renderlo eccessivamente saturo, pomposo o stucchevole. Se siete appassionati del genere in questione, “The Shortest Way” è dunque un disco che nel suo contesto può regalare parecchie soddisfazioni. Provate a dare una possibilità a questi spagnoli, vi accorgerete che le atmosfere plumbee e funeree non sono solo una peculiarità dei nordici.