7.0
- Band: EVENOIRE
- Durata: 47:12
- Disponibile dal: 15/04/2014
- Etichetta:
- Scarlet Records
- Distributore: Audioglobe
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Saliti alla ribalta due anni fa con il disco d’esordio “Vitriol”, ecco tornare i cremonesi Evenoire, chiamati a dare un seguito al buon debutto che tanto piacque a pubblico ed addetti ai lavori, e che aprì le porte ad un fitto tour nei club italiani. Il compito di ripetersi non è facile per nessuno, e gli Evenoire questo sicuramente lo sanno. Per non fallire l’appuntamento e dare un seguito importante alla loro promettente carriera, i Nostri affilano gli strumenti e vanno a snellire ed a delineare i confini del ghiotto impasto sonoro sfornato ai tempi di “Vitriol”. Il gothic metal sinfonico della band si fa più duro, con una Lisy Stefanoni che vira verso uno stile canoro più diretto e potente. Le inclinazioni progressive diventano ancora più spesse e, ad essere messa un po’ in secondo piano, è l’anima folk. Questa è sempre presente grazie ai soliti passaggi acustici e, soprattutto, grazie al dolce e magico flauto della Stefanoni, ma l’intensa attività live degli ultimi due anni deve aver convinto il gruppo a scrivere materiale più diretto, sicuramente più adatto per una migliore resa e coinvolgimento nella dimensione live. A fare da anello di congiunzione con il passato recente è la breve traccia di apertura, suggestiva e misteriosa, ideale per reintrodurre l’ascoltatore nel fatato mondo degli Evenoire. La rocciosa “Drops Of Anger” è il primo chiaro esempio della nuova direzione intrapresa dalla band: un riffing deciso si mette al servizio della potente voce della Stefanoni, che alterna momenti di pura energia ad altri più soft ed evocativi, questi ultimi figli del sapiente uso del flauto. La successiva “Seasons Of Decay” è energica e al contempo ragionata; i tempi vengono qui scanditi da precise orchestrazioni, sulla falsariga del progressive sinfonico degli anni Settanta. “Love Enslaves” rappresenta una sorta di novità per gli Evenoire, in quanto unisce le partiture dell’heavy classico al prog moderno dei Pain Of Salvation. Il resto del lavoro prosegue senza cali qualitativi, regalando momenti drammatici ed altri sognanti e arricchendo il disco con la partecipazione di Linnéa Vikström (Therion) nella spigolosa “Tears Of Medusa”. In ultima analisi, “Herons” è un album che non delude le aspettative e che piacerà a tutti quelli che hanno apprezzato il precedente CD; chi scrive preferiva senza dubbio il taglio maggiormente acustico del predecessore, ma l’ultima parola spetta a voi.