7.0
- Band: EVERGREY
- Durata: 00:50:14
- Disponibile dal: 20/05/2022
- Etichetta:
- Napalm Records
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È trascorso poco più di un anno dall’uscita dell’album “Escape Of The Phoenix” (peraltro si ricorda che lo scorso gennaio era stato pubblicato anche “Live: Before The Aftermath”, registrato dal vivo di fronte ad un numero molto limitato di spettatori), ma gli Evergrey, nonostante il cambio di etichetta, un po’ per il fatto di non essere potuti andare in tour, un po’ per accontentare i fan sempre più numerosi, visto il successo crescente ottenuto con gli ultimi dischi, tornano di già con un nuovo full-length, intitolato “A Heartless Portrait (The Orphean Testament)”. Considerando i tempi molto ravvicinati, si tratta, com’è facile immaginare, di un disco che si colloca molto sulla scia del suo predecessore e, più in generale, della recente produzione della band: la line-up è identica, il mixaggio e il mastering sono stati curati ancora una volta da Jacob Hansen e, soprattutto, ci sono tutti gli elementi caratteristici del sound della band, con il suo efficace mix di riff rocciosi, un certo mood malinconico e una buona dose di melodie.
Dal nostro punto di vista, in questo caso, come già riscontrato talvolta in passato per altri album, pur non venendo meno nè essendo stato sacrificato nessuno degli elementi citati, appare un po’ più in evidenza la potenza del loro sound: in particolare, si nota come già le prime due tracce, “Save Us” e “Midwinter Calls”, siano piuttosto dure sia a livello chitarristico che nella sezione ritmica, senz’altro potente e dirompente, oltre che veloce. Si tratta peraltro di due brani che appaiono collegati sotto diversi punti di vista: tra le altre cose, anche a livello di immagine, la band sembra presentare una maggiore aggressività, tanto che, nei videoclip realizzati per queste canzoni, oltre a uno storyboard sviluppato su entrambi i pezzi, vengono privilegiati colori scuri, ambientazioni angoscianti e claustrofobiche e persino qualche scena di violenza. Un altro elemento comune è dato dall’utilizzo, molto particolare, di cori registrati con centinaia di voci dei propri fan, il che rende un effetto senz’altro alquanto suggestivo.
Come abbiamo precisato, questo non significa comunque che si tratti di un album duro dall’inizio alla fine e che le band abbia messo da parte le varie sfaccettature del proprio sound: ad esempio, “Reawakening” è un brano che alterna passaggi atmosferici ad altri più pesanti, ma soprattutto la conclusiva “Wildfires” è una canzone molto dolce e delicata. A livello strumentale, si registra senz’altro un buon contributo da parte di Zander con tastiere e synth, anche con la ricerca costante di pad ed effetti sonori, mentre la coppia di chitarristi composta da Englund e Danhage si lancia spesso e volentieri in assoli, talvolta anche alquanto prolungati, come nel caso, ad esempio, di “Ominous”, “Call Out Of The Dark” e “The Great Unwashed”.
In generale, a livello di linee vocali e melodie, ci saremmo aspettati invece una maggiore varietà, mentre sotto questo punto di vista Englund sembra andare a cercare un approccio piuttosto simile tra i vari brani e non sembra uscire più di tanto da determinate zone di comfort, nonostante sia dotato, a nostro avviso, di una delle voci più peculiari e caratteristiche della scena metal. Sotto questo profilo, possiamo tuttavia notare come sia un po’ più particolare uno degli highlight del disco come “Blindfolded”, dove si possono ascoltare passaggi con più voci sovrapposte e linee vocali più studiate. Al di là di queste considerazioni e, nonostante questa insolita (probabilmente anche un po’ forzata dalla pandemia), prolificità nelle pubblicazioni, “A Heartless Portrait” è comunque certamente un buon disco con tutti gli standard qualitativi a cui ci hanno ormai abituato gli Evergrey.