8.0
- Band: EVERY TIME I DIE
- Durata: 00.43.21
- Disponibile dal: 23/09/2016
- Etichetta:
- Epitaph
- Distributore: Self
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Abbiamo esaurito le parole nei confronti degli Every Time I Die, una band che dopo svariati anni di esperienza si trova, nel nostro paese, ancora in dimensioni medio-piccole, nonostante una costanza qualitativa che ha dell’incredibile, sia nella dimensione live che su disco. E’ comunque un dovere sforzarci di trasmettere l’eccellenza di “Low Teens” tentando di ripeterci il meno possibile. Dovrebbe essere nota la capacità strumentale di una formazione in grado di padroneggiare e sfidare i limiti di hardcore e metalcore, arrivando a metter piede nei confini math, sludge o southern rock senza perdere il senso della misura o della canzone. Abbiamo speso un fiume di parole anche per la poliedrica versatilità di Keith Buckley, urlatore dal fortissimo senso della melodia e liricista superiore alla media, nonché prof di inglese e autore di libri e programmi TV. Niente vien meno nell’ottavo capitolo discografico del gruppo, che sintetizza il suo percorso storico con un occhio di riguardo per le linee vocali: chi, come chi scrive, ha goduto infinitamente nel sentire Buckley esprimere il suo registro melodico nei The Damned Things può apprezzare il suo grande gusto nel contesto più heavy della sua band principale, a contrasto del caos strumentale e in un contesto più maturo e sfaccettato plasmato dalla vista del baratro – il frontman ha rischiato di perdere moglie e figlia nel momento del parto. “C++ (Love Will Get You Killed)” nelle sue tinte grunge è uno degli esempi migliori, assieme a “It Remembers” con Brendon Urie dei Panic! At The Disco che diventa l’ennesimo link col mondo emo (in passato furono Fall Out Boy e My Chemical Romance) improbabile ma ben riuscito. “Glitches”, “1977” e “Awful Lot” sono probabilmente gli esempi migliori dal lato oscuro della personalità del frontman. Il disco migliora di traccia in traccia, per arrivare allo spettacolare climax di “The Coin Has A Say”, semplicemente uno dei migliori pezzi firmati dal gruppo, che marchia l’album con quel guizzo di cui non son capaci gruppi agli esordi, figuriamoci veterani con quindici anni di attività. Tra una padronanza di generi che diamo per scontata ma non lo è per niente, una consistenza incredibile e una profondità mai raggiunta, gli Every Time I Die raggiungono una nuova vetta, che è giusto mettere sotto gli occhi di tutti e che va ad elevare un hardcore contemporaneo troppo statico e codificato.