6.5
- Band: EVILE
- Durata: 00:46:57
- Disponibile dal: 14/07/2023
- Etichetta:
- Napalm Records
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L’ottovolante targato Evile ha compiuto l’ennesima manovra: non si tratta però di una semplice curva inclinata o a martello; questa volta parliamo di un vero e proprio giro della morte che, dobbiamo ammetterlo, ci ha colto parecchio alla sprovvista.
Reduci dalle legnate in pieno stomaco riversate dall’ultimo “Hell Unleashed”, quando erano iniziate a circolare le voci sul nuovo lavoro e, soprattutto, quando ci siamo messi all’ascolto dei primi due singoli, avevamo sì inteso che qualcosa sarebbe cambiato ma, non immaginavamo una trasformazione di tale portata. Già in passato in realtà, gli Evile avevano compiuto un esperimento simile, nella fattispecie “Infected Natrions” del 2009, ma l’esito finale non aveva raccolto responsi grandiosi.
Oggi, Ol Drake e compagni ci riprovano, alzando ulteriormente l’asticella dell’instabilità sonora, e con il qui presente “The Unknown” vanno a rilasciare un disco (il sesto in carriera) intriso di doom, dark e desolazione lirica e musicale, che, siamo sicuri, spiazzerà più di un orecchio. Se nel precedente lavoro, infatti, il freno a mano della thrash band britannica era stato letteralmente strappato via dalla sua abituale postazione, in “The Unknown” un tappeto di pesantezza globale si distende lungo quasi tutto il minutaggio previsto, seguendo così la malinconia di base presente nei vari pezzi. Riffoni, uniti a ritmiche più che rilassate, quasi flemmatiche, e alla sostanziale pulizia vocale dello stesso Drake, ci presentano una sorta di “Black Album” (coi dovuti paragoni) degli Evile, tante sono le somiglianze con il disco nero dei Metallica, soprattutto nella sua prima metà. Un album, avviso ai naviganti, da ascoltare più volte proprio per la sua singolarità propositiva.
In prima battuta, infatti, dalla title-track a “When Mortal Coils Shed” trascorrono una ventina di minuti durante i quali si rimane in attesa di un cambio di ritmo, di uno stacco, di un qualcosa che sposti l’assetto fin troppo statico di alcune scelte effettuate in sede di arrangiamento. E quando questo arriva, nella forma di “Sleepless Eyes” e “Out Of Sight”, non è nemmeno così tanto convincente. Di fatto, con il passare degli ascolti, il nuovo modus operandi del quartetto di Huddersfield prende addirittura il sopravvento sulle canoniche strigliate thrash, accompagnando il metallaro di turno attraverso le spirali psicologiche dell’essere umano.
Un viaggio introspettivo che porta comunque con sé delle riserve creative da ricercarsi nella seconda parte del disco (“At Mirror’s Speech” e “Reap What You Sow”), imbrigliando così “The Unknown” come un discreto tentativo di uscire da certi stilemi compostivi, senza tuttavia raggiungere in toto l’obbiettivo prefissatosi.