6.0
- Band: EX DEO
- Durata: 00:48:30
- Disponibile dal: 27/08/2021
- Etichetta:
- Napalm Records
- Distributore: Audioglobe
Spotify:
Apple Music:
Attivi da oltre dodici anni e giunti al quarto album, gli Ex Deo procedono nella creazione di un melodic death metal sinfonico ed evocativo, fondato su un immaginario estetico del tutto riferito alla storia e alla mitologia dell’Antica Roma. Nati come side-project di Maurizio Iacono, vocalist dei Kataklysm (ormai storica realtà melodic death), attualmente gli Ex Deo coinvolgono nella line-up anche Stéphan Barbe e J.F. Dagenais, cioè i chitarristi della succitata band canadese – oltre al bassista Dano Apekian e al batterista Jeramie Kling. L’adiacenza con il progetto di provenienza di Iacono, Barbe e Dagenais è sempre stata tangibile nell’operato degli Ex Deo, con idee musicali mutuate a piene mani dalla scuola del death svedese e l’esposizione di una grande perizia tecnica. Nella band in questione, però, l’elemento sinfonico è determinante, perché volto a creare un sostrato di epicità in linea con quanto teorizzato da realtà fondative come Septicflesh e, poi, Fleshgod Apocalypse.
La formula musicale degli Ex Deo, intrecciata a quella estetica e tematica, è rimasta negli anni sostanzialmente invariata, e difatti questo “The Thirteen Years Of Nero” appare più come il proseguimento di un discorso creativo, un tassello nella creazione di un mosaico musicale che è partito nel 2009, ha poi toccato un’importante vetta nel 2012 con il disco “Caligvla”, e che oggi procede nell’ottica di un ulteriore capitolo, senz’altro piacevole per i fan della prima ora, ma forse non troppo interessante per coloro i quali dovessero imbattersi per la prima volta nella band.
La musica presente in questa ultima fatica è senza dubbio di buona qualità, con una produzione sontuosa che permette di essere avvolti e travolti da un muro sonoro granitico e dalle tessiture orchestrali – queste ultime sostanzialmente determinanti per dare personalità alla musica degli Ex Deo, che altrimenti rischierebbe di essere davvero troppo simile a quella di moltissime altre band afferenti al genere di provenienza.
L’ottimo confezionamento dei brani, però, sembra provenire più che altro dalla grande esperienza dei singoli membri, e non tanto da quella foga espressiva che aveva caratterizzato i primi lavori – nei quali c’era il desiderio di mostrarsi come un progetto realmente nuovo, capace di incidere nel panorama circostante con un meccanismo artistico che coinvolgesse musica estrema e narrazioni storico-mitologiche. Infatti in molti punti questo album sembra attorcigliarsi su se stesso, come se si stesse riproducendo un unico lungo brano, sebbene cangiante e articolato. Troppe volte si ha la sensazione di ascoltare scelte musicali che si rifugiano in quanto già fatto (sia dalla band stessa, sia dai suoi illustri ‘compagni di genere’), in un’abbondanza di ritmi cadenzati, sparute sfuriate, riff molto moderni e monolitici (a volte più vicini alla tradizione groove e djent), in un’atmosfera che senza le opportune aperture sinfoniche rischierebbe di causare una sgradevole asfissia: è piuttosto pesante l’assenza di contenuti compositivi in grado di far risaltare qualche momento su tutto il resto. L’ascolto del disco è accompagnato dalla spiacevole percezione che non stia succedendo nulla di rilevante. Come se il singolo “Imperator” fosse la sintesi dell’intero lavoro, e tutto il resto del lotto fosse un girare attorno (a vuoto) a quel tipo di sound.
Unica – vistosa – eccezione è il brano “Boudicca (Queen Of The Iceni)”, dove elementi originali convergono sia nelle partiture di chitarra che nell’arrangiamento in generale, e dove la sempre bravissima Brittney Hayes (vocalist degli Unleash The Archers) appare in qualità di ospite, spingendo la canzone oltre il livello di tutte le altre.
“The Thirteen Years Of Nero” è dunque un disco sicuramente ben fatto, ma che al contempo manca di un mordente vero e autentico, rivelandosi un groviglio di idee troppo conformi e troppo standardizzate attorno al genere di provenienza. Un lavoro che forse potrà risultare validissimo per i fan più accaniti del progetto, ma che per tutti gli altri non può non rivelarsi come un prodotto in linea di massima godibile, ma in ultima analisi dimenticabile.