6.5
- Band: EX DEO
- Durata: 00:18:48
- Disponibile dal: 10/01/2025
- Etichetta:
- Reigning Phoenix Music
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Al mio segnale, scatenate il ‘wall of death’.
Si respira di nuovo aria di Antica Roma in salsa death metal col ritorno sulle scene, a distanza di quattro anni dal precedente “The Thirteen Years Of Nero”, degli Ex Deo, iconica creatura capitanata, come sempre, dall’altrettanto iconico cantante Maurizio Iacono, già screamer dei celebri deathster canadesi Kataklysm.
Freschi di cambio di label grazie all’approdo su Reigning Phoenix Music, i Nostri si ripresentano sul mercato all’alba di questo 2025 col qui presente “Year Of The Four Emperors”, EP di quattro tracce assai utile per tastare il polso della situazione in casa Ex Deo.
Forte di una line-up ormai consolidata, eccezion fatta per il nuovo entrato James Payne alla batteria, che vede Iacono ancora una volta spalleggiato dalla coppia d’asce Barbe-Degenais e dal bassista Dano Apekian, la band canadese si ripresenta davanti al suo pubblico più agguerrita che mai con questo nuovo concept sull’Impero Romano ambientato nel 69 DC, anno in cui Roma vide, come si può facilmente intuire dal titolo dell’EP, l’ascesa e il declino di ben quattro diversi imperatori, ognuno dei quali da il nome ad un brano del lotto.
Nonostante i proclami promozionali di rito, la ricetta degli Ex Deo non è affatto cambiata rispetto al loro ormai consolidato trademark: death metal carico di groove dal piglio piuttosto moderno (che non manca di strizzare l’occhio a un certo deathcore) in cui i tempi medi la fanno da padroni incontrastati, unito a imponenti orchestrazioni dal taglio epicamente cinematografico (ancora una volta affidate alle sapienti mani di Clemens Wijers dei Carach Angren); questo è quello che i Nostri hanno da offrire, oggi come in passato. Prendere o lasciare.
A mettere subito in chiaro le cose ci pensa l’impattante opener “Galba”: dopo una breve intro recitata, la voce di Iacono, sorretta da chitarre abrasive e quadratissime, guida le danze di un midtempo reso ancora più massiccio dalla produzione molto compressa e moderna (ma, fortunatamente, lontana dagli eccessi ‘plasticosi’ di alcune produzioni attuali), mentre le orchestrazioni hanno gioco facile nel rievocare le immagini dei classici della filmografia a tema ‘Impero Romano’ nella mente dell’ascoltatore.
La band è scafatissima e sa come muoversi per raggiungere lo scopo prefissato; anzi, forse lo sa fin troppo bene. Come già accaduto in passato, infatti, il limite massimo di questo progetto, oltre a quello di non discostarsi un granché da quello che tre membri su cinque degli Ex Deo già fanno con la band madre, i Kataklysm, sta nella ripetitività degli schemi compositivi adottati. Ecco quindi che anche le successive tracce di questo lavoro, cioè “Otho”, “Vitelius” e “Vespasian” (per la quale è stato realizzato anche un video), sebbene efficaci e realizzate con tutti i crismi, risultano strutturalmente davvero troppo simili l’una all’altra; un difetto che la breve durata dell’EP può mitigare, ma non eliminare.
Detto questo, i fan degli Ex Deo troveranno davvero poco da recriminare in questi nuovi brani: i pezzi scorrono bene, l’epicità si respira a pieni polmoni e l’impatto è garantito. Per quanto riguarda i detrattori, non c’è nulla in questo mini che possa far cambiare loro idea riguardo alla band, nonostante le armonizzazioni in salsa ‘swedish’ di un brano come “Otho” o l’indiscutibile tiro di un brano come “Vespasian”, non lontano da certi Amon Amarth di metà carriera, possano comunque fare da punto d’incontro nel gradimento delle due fazioni.