6.5
- Band: EXMORTUS
- Durata: 00:53:36
- Disponibile dal: 25/08/2023
- Etichetta:
- Nuclear Blast
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La volontà di coniugare la componente neoclassica alle tipiche strigliate thrash è ormai uno degli ingredienti base dei piatti metallici preparati da Jadran ‘Conan’ Gonzalez. Da circa vent’anni, infatti, il chitarrista e cantante californiano ha marchiato a fuoco i lavori dei suoi Exmortus, abbinando la sinfonia di un genere con la rabbiosità dell’altro, ottenendo a suo discapito, a testimonianza del rischio giocato in questi casi, risultati altalenanti. E il qui presente “Necrophony”, sesta fatica del quartetto americano, si pone ancora una volta in questa sorta di via di mezzo: cosa funziona nel nuovo album? Cosa invece lo va a penalizzare? Iniziamo dalle note positive.
Da premiare c’è sicuramente la produzione: suoni puliti ma non troppo, nessuna sovraesposizione totalitaria di uno strumento sul piano dei volumi, costruendo pertanto un discreta linea sonora tra i due livelli di arrangiamento previsti. Buona in generale la struttura dei pezzi, in cui è proprio il cambio repentino di ritmiche a donar loro maggior fascino e interesse; si fanno notare, a tal proposito, la stessa title-track, “Beyond The Grave” e “Mask Of Red Death”, opener ideale, intrisa di mistero ed ispirata al racconto di Edgar Allan Poe. Da menzionare infine le strumentali “Overture” e “Storm Of Strings”, un gentile e delizioso omaggio alla stagione estiva di Vivaldi, basandosi sull’arrangiamento del compositore greco Yanni. Insomma, sul piatto della bilancia, non sono pochi gli elementi in favore di “Necrophony”.
Di contro, dobbiamo segnalare la presenza di un aspetto che è andato purtroppo a sigillare gran parte dei brani del nuovo disco, togliendoli molta della grazia acquisita in sede strumentale. Si tratta della voce di Gonzalez: troppo piatta nel suo perpetuo grugnito, riesce a portare su un tono quasi tedioso gran parte delle sezioni in cui entra in gioco, sia nelle strofe sia nei refrain (“Oathbreaker”); una monotonia vocale il cui persistere abbassa i toni del disco, rendendolo a tratti scialbo. Per paradosso, nella cover di “Moonchild” (inserita come bonus track in una non meglio identificata edizione dell’album), Jardan ‘Conan’ pulisce l’ugola, regalandoci una versione più che dignitosa del pezzo maideniano. Da qui, in modalità ‘lubranese’, la domanda nasce spontanea: e se tentasse di espandere la pulizia delle corde vocali per tutti i brani del prossimo disco?
“Necrophony” va quindi a confermare la tendenza del ‘bene-ma non benissimo’ per il quale gli Exmortus sembrano ormai averci fatto il callo.