voto
7.5
7.5
- Band: EXODUS
- Durata: 01:01:00
- Disponibile dal: 17/05/2010
- Etichetta:
- Nuclear Blast
- Distributore: Warner Bros
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Gemello del precedente album “The Atrocity Exhibition” uscito tre anni fa, il nuovo lavoro degli Exodus irrompe sul mercato duellando in terra natia più con gli strepitosi Overkill 2010 che con gli Slayer versione ska dell’ultimo CD. Gary Holt e soci pubblicano un’ora (!) di thrash metal in cui non c’è niente di sostanzialmente nuovo rispetto all’esibizione “A”, dalla quale eredità anche l’eccessiva prolissità. Con suoni al solito puliti e curati, gli Exodus degli ultimi anni sembrano aver trovato la propria formula vincente nel thrash d’impatto, miscelato a soluzioni stilistiche più moderne, fra cui la voce del cantante (assolutamente inadeguata, a parere di chi scrive, Rob Dukes è un urlatore da band metalcore) e le melodie che ormai contornano ogni canzone. Detto ciò, analizziamo i passaggi chiave dell’esibizione seconda: dopo due minuti evitabilissimi di assoli e melodie varie, arriva il primo killer riff dell’album che scatena “The Ballad Of Leonard And Charles”, ottima traccia per aprire, molto incisiva e veloce. I re dei riff thrash metal Lee Altus e Gary Holt confezionano molti passaggi tritaossa, come nel caso di “Hammer And Life” (brano dominato dai loro assoli di chitarra su un ritmo basso ma coinvolgente), di “March Of The Sycophants” (dal finale killer dove ci sembra già di vedere Dukes dialogare con il pubblico sul coro) e soprattutto di “Downfall”, dove c’è uno dei riff più belli mai scritti dagli Exodus (ricorda molto “Toxic Waltz” per la carica groove) che viene però sprecato in una miscela con passaggi banali. Altri poi i momenti che risulteranno noiosi, come “Class Dismissed”, assolutamente scontata e fin troppo dolce con il cantante che cerca di modulare diversamente la sua voce (peraltro è anche migliorato), più altre composizioni scialbe (“Democide” è da denuncia) prima della conclusiva “Good Riddance”, assalto frontale fra i migliori degli ultimi anni, che mostra un Tom Hunting in versione picchiatore selvaggio. Detto del cantante, tutti i musicisti fanno il loro dovere e l’album inevitabilmente ha una sua qualità intrinseca. “Tempo Of The Damned” (strepitoso) e “Shovel Headed Kill Machine” (killer album, peccato per la voce) rimangono inarrivabili rispetto alle “esibizioni” recenti, questo per dire che non sempre il progresso migliora le cose, ma in ogni caso ci regala altra violenza thrash metal da una delle band che, questa sì, meriterebbe di stare nei big four.