9.0
- Band: EXTREME
- Durata: 01:04:25
- Disponibile dal: 07/08/1990
- Etichetta:
- Universal Music Enterprises
- Distributore: Universal Music Enterprises
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Gli Extreme sono una di quelle band che possiamo definire come vittime di una serie di sfortunati eventi, per citare la rinomata serie per bambini di Lemony Snicket. La compagine del Massachussets ha deciso di tirare fuori dal cilindro questo capolavoro in uno dei periodi forse più sbagliati della storia recente del rock, ovvero durante l’esplosione del fenomeno grunge agli albori degli anni ’90, il quale si è insinuato come un fungo da Seattle verso tutto il resto del mondo. Gli Extreme sono stati con ogni probabilità uno degli ultimi singhiozzi della scena glam metal degli anni ’80, quella scena fatta di capelli cotonati, pantaloni strizza-genitali, melodie super-catchy, sesso, droga e rock ‘n roll e così via, alla quale il movimento grunge ha staccato la spina, e che ha relegato moltissime band adesso storiche nel dimenticatoio. Nonostante questo album sia diventato triplo disco di platino e abbia venduto 3 milioni di copie in tutte il mondo, non è riuscito a garantire alla formazione sua autrice il riscontro che avrebbe invece meritato. Uno dei fattori da tenere in considerazione è che tra le hit estratte da questo lavoro sono state principalmente le due superballad “More Than Words” e “Hole Hearted” a fare breccia sul pubblico mainstream, hit che, pur essendo canzoni pregevolissime, non rispecchiano assolutamente lo spirito funky e festaiolo di questo “Pornograffitti”, né tantomeno mettono in luce le sbalorditive qualità dei singoli musicisti qui coinvolti, ovvero le oggettive qualità che rendono gli Extreme uno dei gruppi più validi di quel periodo. Parliamo ovviamente dei due condottieri Cherone e Bettencourt: il primo, dotato di un’espressività e di una potenza vocale che lo hanno reso uno dei singer più importanti della sua epoca (e che gli hanno anche garantito un posto nei mitici Van Halen, esperienza rivelatasi, come ben sappiamo, un grosso buco nell’acqua); ed il secondo, uno dei pochi chitarristi al mondo che poteva competere con lo stesso Eddie Van Halen per tocco, fantasia e completezza chitarristica. La band in questo lavoro si diverte a mescolare l’hair metal più cafone con delle ritmiche funky irresistibili (da qui, l’etichetta di funk metal che il gruppo si è visto affibbiarsi), andando a coprire una moltitudine di territori in maniera sempre spassosa e ficcante. Dal capolavoro anthemico “Decadence Dance”, con quel suo riff trascinante e quel ritornello da stadio, passando per la danzereccia “Get The Funk Out”, la quale combina gli stilemi del glam con il funk dei Faith No More, aggiungendo pure dei fiati di contorno. Si continua poi con la visionaria “When I’m President”, condita da un solo che più Eighties non si può; l’arroganza sopra le righe di “Money (In God We Trust)”, inno di denuncia verso il Dio Denaro, reso ancora più epico dai costanti ‘hallelujah!’ ricorrenti nel testo. Inutile spendere troppe parole per la precedentemente citata accoppiata di ballate “More Than Words” / “Hole Hearted” dato che, con ogni probabilità, anche vostra mamma, all’epoca, si sarà trovata a canticchiarle senza saperlo. “It (‘s A Monster)” e “Suzy (Wants Her All Day What?)” si muovono abbastanza uniformemente sulle coordinate del genere, senza per questo essere da meno del resto del lotto, essendo comunque due episodi assolutamente irresistibili. Menzione a parte la meritano “When I First Kissed You”, ballata piano-voce dal sapore gradevolmente swing, e “He-man Woman Hater”, con quel suo intro leggendario dove il nostro ‘Super Nuno’ si diletta in un velocissimo rifacimento del famosissimo “Volo del Calabrone” di Korsakov. La band di Boston ha semplicemente avuto un pessimo tempismo nello sfornare questa vera e propria perla del rock moderno, la quale avrebbe avuto tutto un altro impatto se avesse visto la luce anche solo un anno prima. Il che è un vero peccato, data la formale perfezione di quest’opera, la quale incorpora alla perfezione lo spirito irriverente del mai sufficientemente compianto movimento glam, mescolandolo però con una moltitudine di influenze tanto da rendere il sound dei ragazzi immediatamente riconoscibile, opera che può essere considerata come il vero manifesto di questo grandissimo gruppo che non è mai riuscito ad ottenere il giusto riconoscimento nella propria lunga carriera.