EXTREME – Six

Pubblicato il 04/06/2023 da
voto
7.0
  • Band: EXTREME
  • Durata: 00:53:06
  • Disponibile dal: 09/06/2023
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Il nuovo album degli Extreme s’intitola semplicemente “Six”, come il numero dei loro full-length.
Una carriera, la loro, un po’ particolare, se consideriamo che, dopo il lancio del primo album, sono arrivati nei primissimi anni ’90 due dischi eccellenti come “Pornograffiti” e il doppio LP “III Sides To Every Story”, seguiti dal mediocre “Waiting For The Punchline”, un disco realizzato sull’orlo dello scioglimento, tanto che fu completato giusto per onorare il contratto con l’etichetta ma furono costretti a far ricorso ad un batterista turnista per gli ultimi brani (il futuro Dream Theater Mike Mangini).
Dopo tanti anni di silenzio, è arrivato nel 2008 “Saudades De Rock”, che doveva essere il disco della reunion e del grande rilancio, ma che poi alla fine ha convinto pochi. Ci saremmo tuttavia aspettati a quel punto a seguire un nuovo studio album in tempi non troppo lunghi, e invece abbiamo dovuto aspettare addirittura altri quindici anni per questo “Six”. Il chitarrista Nuno Bettencourt ha per la verità più volte dichiarato che hanno continuato a scrivere nel corso degli anni e nel frattempo avrebbero potuto pubblicare almeno tre-quattro album, ma anche che lui avrebbe mandato alle stampe un nuovo full-length solo quando ne sarebbe stato orgoglioso.
Ci troviamo dunque di fronte ad un nuovo capolavoro della band, che alza sensibilmente il livello rispetto al precedente “Saudades De Rock”? Sgombriamo subito il campo dalle illusioni: assolutamente no.
Una cosa da notare subito è però che, mentre nel precedente album c’erano ancora brani che tutto sommato si sforzavano di richiamare il loro vecchio stile, accanto ad altri più sperimentali o comunque un po’ diversi, in questo nuovo lavoro il sound è invece sensibilmente differente. Ci ha colpiti, peraltro, l’evidente volontà della band di voler dare l’immagine di aver optato per un sound molto duro, praticamente metal e, in tal senso, sembrano deporre i primissimi singoli lanciati come apripista rispetto al full-length, collocati anche in apertura della tracklist, dato che, effettivamente, questi presentano sonorità molto decise e cariche di groove. Dobbiamo però in realtà sfatare anche questa idea, perchè all’infuori di quattro (o massimo cinque tracce, di cui tre sono appunto quelle iniziali), il disco prende poi una piega ben diversa ed è anzi pieno zeppo di ballate incentrate su voce e chitarra acustica (almeno cinque), a nostro avviso davvero troppe per un album rock e per un album degli Extreme in particolare (almeno rispetto al numero totale dei brani).
Sembra come se la band fosse ancora irrimediabilmente colpita da quella che noi chiamiamo (scherzosamente, s’intende) la ‘sindrome dei Mr. Big’, ovvero la ‘condanna’ di una band rock/metal che ottiene un successo clamoroso con una ballata (nel caso di Eric Martin e compagni ci riferiamo ovviamente a “To Be With You”) e cerca per tutta la propria carriera di riuscire a superarsi, scrivendo possibilmente anche canzoni più belle di quella, senza però mai riuscire a riscuotere gli stessi consensi. Ora, è innegabile che una canzone come “More Than Words” sia stato un successo enorme e tuttora molti ricordano gli Extreme principalmente per questo brano, grazie al quale hanno ottenuto una notorietà che ha fatto in qualche modo da volano per tutto il resto. Non che la band sia stata per la verità mai andata alla ricerca del successo a tutti costi: basti pensare che dopo l’exploit di “Pornograffiti” se ne uscirono con una scelta per nulla commerciale come un doppio LP oppure, ancora, come al Freddie Mercury Tribute, davanti a miliardi di spettatori in tutto il mondo, furono l’unica band che non suonò pezzi propri, optando invece per un medley di canzoni dei Queen.
Eppure, questa ricerca della nuova ballata di successo in qualche modo c’è sempre stata e adesso su “Six” sembra si sia persino un tantino esagerato, altro che album metal. Per carità, ci sono bellissime performance da parte di Gary Cherone, che in generale sul disco canta davvero benissimo e i musicisti provano a trasmettere emozioni con brani dolci quali “Small Town Beautiful”, “Other Side Of The Rainbow” o “Hurricane”: c’è però anche una canzone come “Beautiful Girls”, con il suo testo persino un po’ “stupidino” se ci passate il termine, che è addirittura un tentativo di fare qualcosa tipo pop da spiaggia; più convincente è “Here’s To The The Losers”, con un bel ritornello, molto cantabile e con dei cori che ci sembrano registrati in presa diretta tra il pubblico, tanto da averci fatto pensare in tal senso a qualcosa tipo “Friends Will Be Friends” dei Queen, benchè in realtà sia più una sorta di “We Are The Champions” al contrario, cioè un inno dedicato, una volta tanto, ai perdenti. Per quanto riguarda invece i pezzi più duri, la nostra sensazione è che, al di là del sound più aggressivo, tendano a mantenere comunque un approccio abbastanza mainstream, per quanto poi in realtà non siano tendenzialmente neppure particolarmente catchy: non male, da questo punto di vista, le tracce iniziali, per quanto di “Rise” non ci entusiasmi tanto il ritornello con quei coretti, mentre ci convince poco “Save Me”, probabilmente tra i brani meno riusciti del disco. Ci sono invece alcune canzoni un po’ più sperimentali: “Thicker Than Blood” ha sonorità quasi “industrial”, mentre “The Mask”, ha un inizio che in qualche modo sembra ispirato a certa dark wave ottantiana, ma soprattutto “X Out” ci ha impressionati positivamente. Infatti, per quanto si tratti di un brano infarcito di sonorità elettroniche e sia quanto di più distante dal classico stile degli Extreme, tuttavia è stato concepito in maniera abbastanza originale e con un sound fresco e moderno: certo, non avremmo accolto positivamente un intero album fatto in questa maniera, ma una canzone così può starci e anzi contribuisce non poco ad elevare la qualità del disco.
Discorso a parte va fatto per l’ottima performance di Nuno Bettencourt: già con il singolo apripista “Rise” ha incantato per la bellezza di un assolo straordinario, ma davvero in tutto il disco si mette in evidenza per il suo gusto e il suo virtuosismo, sia con la chitarra elettrica che con quella acustica: d’altronde, non stiamo scoprendo adesso le sue qualità, però obiettivamente, almeno sotto questo punto di vista, possiamo dire che “Six” è il suo capolavoro.
Poichè però non si tratta dell’album di un solista, è chiaro che tutto va visto alla luce dell’intero contesto. In tal senso, le performance dei musicisti (non solo di Nuno) sono probabilmente tra le migliori mai ascoltate in un disco degli Extreme, però la tracklist a nostro avviso non è stata impostata in modo ben equilibrato: dopo la partenza dura dei primi tre brani, lo stacco è troppo netto rispetto a quanto viene proposto in seguito e non è una semplice questione di varietà, perchè sembra invece esserci una precisa dicotomia tra gli Extreme ‘elettrici’ e quelli per così dire ‘unplugged’, mentre le canzoni realmente un po’ diverse e più varie sono proprio giusto due-tre.
Con questo non vogliamo dire che “Six” sia un flop, anzi, al contrario, senz’altro ricomprende diverse belle canzoni però, obiettivamente, riteniamo che certi aspetti probabilmente potevano essere gestiti un po’ meglio, almeno in termini di scelta e composizione della tracklist. In qualche modo possiamo dire di ritenerlo magari anche superiore al precedente “Saudades De Rock”, però potrebbe pure non essere considerato un album in grado di soddisfare le aspettative dopo una così lunga attesa.
Il primo impatto che abbiamo avuto, anzi, non è stato per noi sinceramente affatto positivo: avendo seguito gli Extreme sin dai loro esordi, consumando letteralmente i loro capolavori degli anni ’90, non era certo l’album che ci aspettavamo. Entrando però nell’ottica di idee che sono passati più di trent’anni e non avrebbe avuto senso fare un nuovo “Pornograffiti”, ma anche come in qualche modo siano cambiati i tempi, l’industria discografica o i musicisti stessi, abbiamo cominciato a vedere “Six” sotto una luce differente.
In fin dei conti si tratta di un disco dove si nota come i musicisti abbiano avuto piena libertà proprio perchè alla fine la band ha pubblicato le canzoni che ha ritenuto migliori a prescindere da qualsiasi calcolo o strategia. Certo, magari non è appunto un full-length per come siamo abituati ad intenderlo, è esattamente l’opposto di un concept come poteva essere “III Sides To Every Story” e sembra piuttosto una raccolta di singoli, senza che poi in realtà tutte le canzoni possano aspirare ad essere realmente potenziali hit o, meglio ancora, potremmo paragonarlo ad una sorta di playlist. Si tratta dunque di un lavoro con tanti pregi ma anche con qualche difetto e che siamo certi dividerà gli ascoltatori: di certo, comunque, è intanto un disco quanto meno da ascoltare, anche per rispetto alla caratura della band e alle qualità che riesce ad esprimere: che poi possa piacere o meno nella sua interezza, è ovviamente tutt’altro discorso.

TRACKLIST

  1. Rise
  2. #Rebel
  3. Banshee
  4. Other Side Of The Rainbow
  5. Small Town Beautiful
  6. The Mask
  7. Thicker Than Blood
  8. Save Me
  9. Hurricane
  10. X Out
  11. Beautiful Girls
  12. Here's To The Losers
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