7.0
- Band: FALLUJAH
- Durata: 00:18:11
- Disponibile dal: 05/04/2013
- Etichetta:
- Unique Leader
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Evoluzione interessante e, per certi versi, sorprendente, quella dei Fallujah, che ricordavamo come una band un po’ pretenziosa e spesse volte inespressiva. Il techno-death alieno e distaccato del full-length “The Harvest Wombs” pare appartenere al passato: in questi ultimi due anni i ragazzi californiani hanno aperto ai sentimenti e sembra che la loro proposta ne abbia giovato ampiamente, divenendo più scorrevole, passionale e – perchè no? – personale. La produzione freddissima è rimasta al suo posto, ma ora questa effettivamente serve ad amplificare a dismisura un gusto per la melodia e una componente pseudo-ambient quasi del tutto inediti per la formazione. Se un tempo i termini di paragone per i Nostri erano soltanto i gruppi techno-death e death-core più in voga di questi ultimi anni (The Faceless, Psycroptic, ecc), oggi mentre si ascolta il materiale difficilmente si riesce a fare a meno di pensare anche a Cynic, Devin Townsend e persino Sigur Ros ed Ethan Rose. Il motore ritmico della band non gira più sempre al massimo e la vanità e gli algoritmi del debut album sono quasi completamente spariti; al contrario, sembra che i Fallujah vogliano entrare nel filone del progressive più emozionale dalla porta sul retro e questo tris di brani rappresenta la migliore direzione musicale possibile per il loro futuro. Le strutture risultano più ragionate, vi è tantissimo spazio per atmosfera e toni soffusi (l’intera “Silent” è dedicata a questi registri) e nelle tranzioni fra questi ultimi e le parti extreme metal non vengono mai meno eleganza e buongusto, come se i ragazzi avessero imparato che conta più sviluppare bene un singolo tema piuttosto che far sfoggio sempre e comunque della propria tecnica o di tutti i riff che si hanno nel cassetto. In queste trame di “death metal celestiale” traspare un impegno tangibile e una cura minuziosa e lucidissima dei particolari, che oggi parlano di personalità non ordinaria. Colpisce poi in primis la grazia delle melodie, immediate ma mai frivole, importanti per far subito digerire l’opera. Un gran bel compromesso fra raffinatezza e vivacità che va ascoltato tutto d’un fiato.